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Il percorso de La Pedalonga 2016

15/7/2016

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Dopo alcuni anni di assenza, il 6 Agosto prossimo ritornerà La Pedalonga (www.lapedalonga.it), la marathon bike a coppie del Comelico che si svolse per l’ultima volta nel lontano 2011. L’evento si presenta con un percorso in parte rinnovato che abbiamo avuto modo di provare in anteprima insieme agli organizzatori dello Spiquy Team.

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La gara partirà a velocità controllato dalla piazza di Dosoledo, una delle tante piccole frazioni che compongono il comune di Comelico Superiore, e seguendo la Statale Carnica si raggiungerà prima Candide e quindi, in discesa, Sega Digon: è qui che verrà dato lo start ufficiale.
 
Pronti-via! E subito in salita, sulle difficile pendenze che risalgono la Val Digon. A Capella Tamai, in corrispondenza di un primo pianoro, si svolta a destra verso Costa con la strada che si restringe proseguendo a strappi fino all’uscita dal bosco.
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La salita continua, ora estremamente panoramica, verso il Monte Zovo: qui le pendenze medie sfiorano il 13% per circa due chilometri, fino a quando non si imbocca una sterrata dalle pendenze più moderate che si spinge verso il versante meridionale della montagna. Arriva anche il primo passaggio di una certa complessità, rappresentato da un single track particolarmente stretto ed esposto sul pendio boscoso che richiederà lucidità ed equilibrio per non mettere il piede a terra.
 
Si arriva così sulla mulattiera del “Sasso Grigno”: il fondo sterrato diviene via via più rovinato salendo di quota fino a raggiungere una radura, da dove si continua seguendo un bellissimo sentiero panoramico fino ai piedi del primo GPM, quello del Monte Zovo.
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Qui (ma non è ancora chiaro né confermato) è probabile che il percorso di gara raggiunga la cima del “gigante” della Val Comelico coprendo gli ultimi cinquanta metri di dislivello su traccia erbosa.
 
Con una larga mulattiera si scende ora fino al nuovo rifugio De Doò, affrontando poi due tornanti asfaltati e imboccando la rinnovata carrareccia per la Val Melin: questo tracciato, realizzato non più di due anni fa, corre nel bosco aggirando le imponenti vette dei Longerin seguendo un andamento altimetrico da non sottovalutare.
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Subito si perdono duecento metri di dislivello tra tornanti e tortuosità fino al guado del Rio Giao Storto, quindi si affrontano due brevi salite dalle pendenze a tratti estreme prima di scendere a gran velocità prima in Val Melin e successivamente, con un’insidiosa rotabile dal fondo scivoloso e sdrucciolevole, ai 1458 metri del Pian della Mola.
 
E’ giunta l’ora di affrontare la salita più difficile e lunga della gara, quella che dalla Val Digon conduce al Passo Silvella: la prima agevole parte si sviluppa sullo stretto fondovalle accompagnati dal piacevole e continuo scosciare del torrente, ma quanto iniziano i tornanti la storia cambia.
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Le pendenze si impennano di colpo per un chilometro e mezzo fino a Casera Silvella poi, se possibile, le cose si complicano ancora di più: l’asfalto lascia il posto infatti a una mulattiera decisamente sconnessa e rovinata, che serpeggiando sui pendii erbosi guadagna quota regalando grandiose viste sull’anfiteatro di cime circostanti.
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In realtà dopo l’ultimo tornante la mulattiera si fa un po’ meno pendente, ma nell’interminabile traverso finale il fondo diventa ancor più complicato raggiungendo l’apice della sconnessione nella parte finale, dove rocce, sfasciume e piccoli guadi caratterizzeranno l’arrivo ai 2329 metri di Passo Silvella.
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Ma non è ancora finita: uno stretto sentiero si arrampica ora sui ghiaioni del Col Quaternà raggiungendo la Sella omonima, da conquistare con un breve ma inevitabile tragitto a piedi; è probabilmente questo il passaggio simbolo della gara, nonché il punto più stupefacente del percorso: si arriva infatti in un ambiente di alta montagna, spoglio e desolato, dal quale la vista corre in ogni direzione regalando uno dei panorami più grandiosi della zona. E non è finita, perché da qui in poi sarà goduria pura.
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Si imbocca infatti il supertrail della Costa della Spina, uno strepitoso single track che per oltre sei chilometri corre tra i crinali erbosi regalando un’esperienza ciclistica di quelle da ricordare a lungo: il sentiero alterna dolci discese e qualche erta breve ma improvvisa, diventando nella seconda parte un tratturo di roccia mista ad erba condizionato da buche e canale dovute all’acqua e al pascolo.
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Nei pressi del Monte Spina la discesa si immette su una mulattiera, diventando poi ulteriormente ripida e per certi versi difficile nel successivo settore, disegnato appositamente per la gara a tagliare alcuni tornanti sul soffice fondo del sottobosco.
 
Al crocifisso de Le Federe la strada riprende a salire, anche se ora con poca convinzione, fino ai boschi della Federola. Se siete arrivati puliti fin qui, mettetevi il cuore in pace: adesso vi sporcherete un bel po’!
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Il segnavia 150 è abbastanza difficile per via delle tanti situazioni che si incontrano: sassi, sottobosco e radici animano la parte iniziale, quindi una serie di rigagnoli e aree paludose renderanno la picchiata più instabile, scivolosa e soprattutto fangosa. Nel finale il sentiero invece si allarga fino a trasformarsi in strada sterrata.
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Ora, nel bel mezzo della velocissima calata su Dosoledo, ci si ritrova davanti un vero e proprio muro, per di più abbastanza sconnesso, giusto dietro  una secca e fetente svolta a sinistra… e non è escluso che più di qualcuno debba scendere di sella. Fortunatamente più avanti l’ascesa continua meno pendente, scollinando il Troi dei Bacani (un sentiero tematico decorato con statue lignee ispirate ai lavori dei contadini) e scendendo comodamente a Casamazzagno.
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Dopo l’ultimo ristoro collocato nella piazza del paese ha inizio l’inedita discesa finale: dalle case di Casamazzagno si scende per prati fino alla chiesa della vicina Candide, imboccando poi un vecchio sentiero oggi ripristinato che taglia il pendio mantenendosi a una quota più o meno costante. Infine, quando ci si ritrova praticamente “sopra” Sega Digon, l’ultima planata condurrà direttamente sulla linea d’arrivo.
 
E il percorso corto?
 
Sarà identico al percorso più lungo fino al Pian de la Mola: poco più avanti devierà sulle pendenze mai impegnative del Bosco Ombrio e scendendo poi – ora si con un passaggio particolarmente ripido – verso il Pian Gallina. Da qui alla graziosa chiesetta di San Leonardo sarà tutta pianura e discesa fino al ristoro di Casamazzagno, ricollegandosi così alla discesa conclusiva già descritta.
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G.A.S. - Tappa #4

6/7/2016

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Tappa #4 / Castelluccio di Norcia > Visso

Dulcis in fundo, la tappa dei crinali: se googlate qualche foto dei Monti Sibillini in mountain bike, vi salterà sicuramente fuori una discesa erbosa, senza traccia né meta, dove la linea è tutta da inventare con astuzia e maestria. E finalmente, dopo quattro giorni, tocca pure a noi.

Prima però esploriamo i dintorni di Castelluccio, con un anello che si addentra nella curiosa vallata tutta curve verso Capanna Ghezzi e la gola rocciosa del Pian Perduto, ritornando di nuovo al punto di partenza.
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Quindi saliamo, ora sì spuntando sangue, lungo una carrareccia che si alza di quota regalandoci una visuale privilegiata su tutti i Piani, e che più avanti termina di colpo davanti a un prato dove la traccia diventa pressochè invisibile, ma la direzione è chiara: in cima!
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Scolliniamo un primo colle, quindi perdiamo quota e poi ancora verso l’alto, verso il Monte delle Rose che è anche la quota massima di questo nostro G.A.S.; attorno a noi vette e valli, mentre in fondo a sinistra scorgiamo pure la città di Norcia. Ora in discesa, zigzagando tra i prati arriviamo al Colventoso dove questa breve ma intensa esperienza “erbosa” ha fine.
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I classici sterrati compatti e poco ripidi tornano adesso a scorrere di nuovo sotto le nostre ruote: le difficoltà volgono al termine e non ci resta che superare le ultime facili risalite prima del Piano Antico, dal quale inizia la lunghissima (anzi, eterna) discesa conclusiva che ci riporta, dopo quattro giorni e circa 180 chilometri circa, a concludere questo nostro Grande e bellissimo Anello dei Monti Sibillini.
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G.A.s. - Tappa #3

5/7/2016

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Tappa #3 / Montefortino > Castelluccio di Norcia

Tappa regina: tanti chilometri, tanta salita, tantissima fatica. Partiamo di buon’ora verso le agevoli erte di Sossano e Isola San Biagio, con la Sibilla – la montagna simbolo della zona – che si staglia imperiosa di fronte a noi.
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Discesa tecnica verso il fiume Aso e ancora all’insù, ancora su pendenze pedalabili (il 10% sembra non lo conoscano da queste parti) fino ad Altino: nell’ultimo lembo di civiltà cediamo a un immangiabile panino prima di addentrarci verso il Sentiero dei Mietitori.

Per secoli questo percorso fu usato dai contadini per spostarsi di valle in valle, e oggi è diventato parte integrante del Grande Anello dei Sibillini: corre sotto il monte Vettore (che con i suoi 2476 metri è il più alto dei Sibillini) aggirandone tutto il versante est, che però non riusciamo ad ammirare a causa delle nuvole, che anche oggi sembrano volerci rovinare la festa.

Tra sentieri, mulattiere e single track invasi dell’erba sbuchiamo sulla strada per Forca di Presta, che raggiungiamo con l’ultimo strappo accompagnati da nugoli di mosche ormai affezionate. E poi… spettacolo!
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Il cielo si apre, le nuvole lasciano lo spazio al sole e il paesaggio dà il meglio di sé: saliamo tra i prati panoramici del monte Pellicciano, improvvisiamo una discesa sui sorprendenti sentieri del Colle le Cese e infine piombiamo a tutta velocità sui celebri, fantastici, incredibili Piani di Castelluccio.
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Prati sconfinati circondati da colli erbosi e alte montagne in ogni direzione, distese di fiori di ogni colore, dal giallo al rosso, dal viola al bianco, e Castelluccio abbarbicato sul cucuzzolo del colle a svettare su tutto; la fioritura di Castelluccio di Norcia è infatti uno spettacolo da non perdere: tra giugno e luglio la semina delle lenticchie ricopre i prati di fiori creando un gioco di colori unico nel suo genere.
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Restiamo anche noi affascinati da questo scenario, ma ben presto ritorniamo alla cruda realtà: Castelluccio è in cima a un colle, e la via scelta per raggiungerlo è ripida, sconnessa e sotto il sole a picco.
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Alla fine di una sofferenza epica arriviamo finalmente in paese… dove veniamo travolti dal traffico, dal rumore, dalla gente e dalle auto. Il principale (e unico) incrocio del paese sembra infatti un caotico crocevia da metropoli del terzo mondo, attorniato da edifici pericolanti e da una marea indistinta di insegne di attività turistiche: l’arte dell’arrangiarsi regna sovrana, ma finiamo comunque per trovar casa nel cuore del centro storico, in un appartamento dall’invidiabile vista sulla piana.
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G.A.S. - Tappa #2

4/7/2016

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Tappa #2 / San Lorenzo al Lago > Montefortino

Il tempo non sembra dei migliori, ma almeno non prenderemo la pioggia: dopo un riscaldamento sul lungolago iniziamo a salire, anche oggi come ieri lungo un’ascesa lunga e pedalabile. Un ameno paesino è l’ultimo segno di civiltà prima di addentrarsi tra montagne, valli, vette e distese infinite d’erba.
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Almeno, così dovrebbe essere sulla carta. E invece entriamo nel mezzo delle nuvole e l’unica cosa che vediamo per chilometri e chilometri è la bianca coltre della nebbia: peccato, perché sembra che dal Ragnolo e dal Pizzo di Meta la vista corra in ogni direzione per chilometri e chilometri, dall’Adriatico agli Appennini, dal Conero al Gran Sasso.
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Usciamo dalla nebbia che siamo quasi al rifugio Amandola, sotto il picco omonimo e sopra la cittadina dallo stesso nome. E per fortuna: la discesa del Balzo Rosso è entusiasmante, sia per i divertenti tratti di single track che per il panorama sulla valle sottostante, il tutto dominato dalla possente mole rossastra del Balzo.
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Da qui in poi tiriamo fuori il classico “capello dal cilindro”: ci inventiamo una discesa su tratturi vecchi e poco battuti che si rivelano una sequenza interminabile di sentieri uno più bello dell’altro fino alle porte di Amandola.

Viste le poche soste fatte per strada (causa nebbia) arriviamo in paese che è praticamente ora di pranzo… e quindi ci diamo dentro. Più tardi, con la pancia piena, anticiperemo la tappa del giorno dopo risalendo la valle del Tenna, superando inaspettate rampe bastarde fino alle porte di Montefortino, dove un suggestivo mulino fortificato del quattordicesimo secolo ci ospiterà per la notte.
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G.A.S. - Tappa #1

3/7/2016

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Da un po’ di tempo, con lo zampino di alcuni prezzemolini del web, i siti dedicati alla mountain bike si popolano spesso di contenuti su una meta del centro Italia, a cavallo tra Umbria e Marche, che il più delle persone fatica anche solo a collocare su una cartina geografica.

Stiamo parlando dei monti Sibillini, il gruppo montuoso racchiuso tra le province di Ascoli Piceno, Macerata, Perugia e Fermo (alzi la mano chi era a conoscenza dell’esistenza della provincia di Fermo…). Nonostante la presenza umana sia piuttosto diffusa, il territorio di questa zona resta ancora abbastanza selvaggio: si alternano infatti grandi panettoni erbosi e profonde vallate, fitti boschi e pareti di roccia, complessi sistemi di vette e una stupefacente quantità di torrenti e fonti d’acqua.
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Tante sarebbero le cose da dire sui Sibillini, dalle leggende millenarie che animano questi luoghi ai prodotti tipici del territorio fino alle attività agro-alimentari che tengono in piedi l’economia di questi paesi, ma siccome il rischio di commettere errori è troppo alto, vi diciamo solo che i posti sono straordinari, la cucina locale è eccellente e la gente del posto è accogliente e genuina.

Per tutto il resto vi invitiamo a farvi una cultura “da voi” curiosabdi sul sito del Parco Nazionale dei Monti Sibillini (sibillini.net) e sulla pagina Wikipedia dedicata (wikipedia.org/wiki/Monti_Sibillini).

Il Grande Anello dei Sibillini (G.A.S.)

Nell’ottica di promuovere il turismo sportivo e naturalistico, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini ha creato una rete di percorsi e sentieri che coprono praticamente ogni angolo del comprensorio. Tra questi, il principale è il G.A.S., un percorso escursionistico di circa 124 Km che abbraccia l’intera catena montuosa: articolato in nove tappe, è completamente segnalato e permette di conoscere, oltre alla molteplicità di paesaggi e bellezze naturali, parte dell’inestimabile patrimonio storico culturale che questo territorio conserva.

Il Parco ha pensato anche alle due ruote: insieme al percorso classico è stato infatti messo a punto anche un anello destinato alla mountain bike, suddiviso in cinque tappe ma adattabile in diversi modi alle esigenze di ciascuno. Noi ad esempio l’abbiamo effettuato in quattro frazioni, studiate per scoprire tutto “il meglio” - o quasi – dei Sibillini.
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Se anche voi vorrete scoprire queste montagne in sella alla vostra mountain bike, i siti di riferimento sono Sibillini Bike Map (sibillinibikemap.it) e Sibillini MTB (sibillini-mtb.it): è anche grazie a questi due riferimenti che siamo potuti partire alla conquista del Grande Anello dei Monti Sibillini.

Tappa #1 / Visso > San Lorenzo al Lago

Si parte!
Lasciamo Visso che è ora di pranzo, risaliamo dolcemente la valle fino a Ussita e iniziamo quindi a soffrire: la Val di Panico (nomen omen) ci accoglie con pendenze proibitive che se affrontate – come stiamo facendo noi – col sole a picco fanno decisamente male. Per fortuna la salita continua poi più semplice sotto la parete rocciosa del… Sella? No, del Cristallo. Anzi no… Sassolungo? Macchè, siamo nell’Italia centrale ma il paesaggio sembra quasi dolomitico: l’imponente parete nord del monte Bove è infatti lo stupefacente scenario all’andata e ritorno sui due versanti della valle.
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Arriviamo così al caratteristico piccolo e vecchio borgo di Casali: fontana provvidenziale e pausa di rito. Poi ci facciamo tentare da un sentiero, all’apparenza fattibile ma che si rivelerà più avanti decisamente ostico: saliamo quindi per la “classica”, una rotabile larga e poco pendente che sale alta sulla valle permettendoci di raggiungere con relativa facilità il sorprendente GPM di giornata.

I Piani di Pao e tutto il successivo pianoro regalano infatti un panorama da urlo, sia sulle selvagge e profonde vallate circostanti che sui più lontani territori collinari delle Marche. Non mancano neanche greggi di pecore, i primi di una lunga serie che incontreremo durante questo viaggio.
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Infine la discesa: lunghissima, veloce, sinuosa, poco pendente. Un po’ come la salita, insomma, e iniziamo a sospettare (con gioia) che di rampe ripide da queste parti è difficile da trovarne. Intanto la nitida visione del lago di Fiastra appare laggiù, in fondo alla valle, e stanchi della monotonia della discesa imbocchiamo il primo sentiero che ci capita a tiro tagliando i tornanti e piombando nel bel mezzo di Fiastra in un baleno.
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San Lorenzo al Lago è la frazione più prossima al bacino artificiale: qui la nostra giornata ha termine, prima in relax sull’affollata spiaggia del paese quindi in un accogliente ma trasandato albergo che sa tanto di “casa della nonna”.
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