Un alone di mistero aleggia attorno alla prima edizione di 3EPIC, la marathon delle Tre Cime di Lavaredo che vedrà la luce ad Auronzo di Cadore il prossimo 5 Settembre. La folle curiosità attorno all’evento ha provocato addirittura il diffondersi di svariate dicerie, spesso vere e proprie leggende metropolitane senza capo né coda.
Vogliamo raccontare una volta per tutte com’è questo percorso? Ok, facciamolo!
Vogliamo raccontare una volta per tutte com’è questo percorso? Ok, facciamolo!
Il Pian dei Buoi, la Val di Poorse e il Pian de Sera
Si parte da Auronzo, spalle alle Tre Cime e via in leggera discesa asfaltata verso Lozzo (i puristi già storceranno il naso, ma alla larga statale alternativa non c’è!).
Dopo poco più di otto chilometri, vicino allo svincolo per Lorenzago, oltrepassato il ponte sul Piave si sale leggermente fino a Lozzo e un chilometro più avanti comincia l’ascesa vera e propria.
I primi ottocento metri al 10% e oltre sono i peggiori, poi ci si innesta sulla rotabile principale e ci si arma di pazienza: si sale infatti per 11 lunghissimi chilometri immersi nel bosco con pendenze sempre agevoli (6-8%), su fondo asfaltato in buone condizioni ma i tornanti (ben 25) sembrano non finire mai.
La salita è noiosa, monotona e logorante, priva di vedute che non siano alberi e fogliame. Nell’ultimo chilometro il fondo diventa sterrato e il bosco si dirada: inizia finalmente lo spettacolo delle vette circostanti, su tutte le propaggini più orientali delle Marmarole che incombono proprio sopra il Pian dei Buoi.
Nei pressi del vecchio rifugio Marmarole (secca svolta a destra) la salita può dirsi completata, anche se in realtà si sale ancora un po’ fino a una galleria. Da qui l’eccezionale panorama sul Centro Cadore e le vette delle Dolomiti di Oltre Piave fa da sfondo al falsopiano che scende al Col Cervera e ai ruderi militari del Pian Formai.
Dopo poco più di otto chilometri, vicino allo svincolo per Lorenzago, oltrepassato il ponte sul Piave si sale leggermente fino a Lozzo e un chilometro più avanti comincia l’ascesa vera e propria.
I primi ottocento metri al 10% e oltre sono i peggiori, poi ci si innesta sulla rotabile principale e ci si arma di pazienza: si sale infatti per 11 lunghissimi chilometri immersi nel bosco con pendenze sempre agevoli (6-8%), su fondo asfaltato in buone condizioni ma i tornanti (ben 25) sembrano non finire mai.
La salita è noiosa, monotona e logorante, priva di vedute che non siano alberi e fogliame. Nell’ultimo chilometro il fondo diventa sterrato e il bosco si dirada: inizia finalmente lo spettacolo delle vette circostanti, su tutte le propaggini più orientali delle Marmarole che incombono proprio sopra il Pian dei Buoi.
Nei pressi del vecchio rifugio Marmarole (secca svolta a destra) la salita può dirsi completata, anche se in realtà si sale ancora un po’ fino a una galleria. Da qui l’eccezionale panorama sul Centro Cadore e le vette delle Dolomiti di Oltre Piave fa da sfondo al falsopiano che scende al Col Cervera e ai ruderi militari del Pian Formai.
Passando sul lato nord del Col Cervera si ammirano finalmente le Tre Cime di Lavaredo (ancora molto lontane) oltre a un’infinità di altre vette; con qualche saliscendi si attraversano i pascoli del Pian dei Buoi, “buttandosi” poi letteralmente in discesa.
La prima discesa di 3EPIC non va sottovalutata: la larga sterrata che scende in Val di Poorse invoglia a mollare i freni, ma il mix di pendenze elevate, fondo instabile e tornanti stretti e improvvisi potrebbe rivelarsi micidiale. Si tratta quindi di una discesa da affrontare con prudenza e attenzione, sia per le elevate velocità che si possono raggiungere che per le difficoltà che si avranno poi a rallentare.
Una radura con dei fienili segna l'arrivo in Val da Rin: un guado rinfrescante, una svolta secca a sinistra e la strada si impenna di nuovo.
Il dente del Pian de Sera fa male, molto male: pendenze sterrate attorno al 15% per almeno un chilometro, poi fortunatamente la strada spiana. Ma in discesa non è che vada tanto meglio: ora oltre alle pendenze elevate c’è pure il fondo un po’ malmesso.
In un modo o nell’altro si arriva comunque a valle, dove si prende la nuovissima ciclabile (sterrata) dell’Ansiei e la si segue per circa quattro chilometri fino all’imbocco della Val Marzon.
La prima discesa di 3EPIC non va sottovalutata: la larga sterrata che scende in Val di Poorse invoglia a mollare i freni, ma il mix di pendenze elevate, fondo instabile e tornanti stretti e improvvisi potrebbe rivelarsi micidiale. Si tratta quindi di una discesa da affrontare con prudenza e attenzione, sia per le elevate velocità che si possono raggiungere che per le difficoltà che si avranno poi a rallentare.
Una radura con dei fienili segna l'arrivo in Val da Rin: un guado rinfrescante, una svolta secca a sinistra e la strada si impenna di nuovo.
Il dente del Pian de Sera fa male, molto male: pendenze sterrate attorno al 15% per almeno un chilometro, poi fortunatamente la strada spiana. Ma in discesa non è che vada tanto meglio: ora oltre alle pendenze elevate c’è pure il fondo un po’ malmesso.
In un modo o nell’altro si arriva comunque a valle, dove si prende la nuovissima ciclabile (sterrata) dell’Ansiei e la si segue per circa quattro chilometri fino all’imbocco della Val Marzon.
Il percorso corto
Il percorso più corto di 3EPIC si risparmia questo primo anello, percorrendo verso nord i sette chilometri che separano Auronzo dalla Val Marzon sulla ciclabile che verrà affrontata anche nel finale di gara.
Forcella Maraia
Diciamolo subito: la salita di Forcella Maraia, fatta da questo versante, è una delle più dure che possiate trovare in zona. All’inizio però non sembra così impegnativa: i primi 3,5 chilometri su asfalto puntano sì dritto verso le Tre Cime, che svettano in cima alla valle, ma con pendenze tutto sommato pedalabili.
Il peggio arriva al Cason de la Crosera, quando si devia a sinistra sullo sterrato della Val d’Onge incontrando subito le erte peggiori (si sfiora il 15%) ma su fondo tutto sommato in buone condizioni; fondo che poi diviene un po' più irregolare e sconnesso, mentre le pendenze si stabilizzano attorno al 10-12%. Qualche tratto per rifiatare c’è, ma almeno fino ai 1800 metri di quota si soffre, e pure tanto.
Dopo l’ultimo di una lunga serie di tornanti la scalata va via via addolcendosi: qualche rampa impegnativa c’è ancora, ma almeno fuori dal bosco ci si può distrarre ammirando le cime rocciose circostanti (impressionante in particolare il colpo d’occhio sul vallone appena risalito, dominato sullo sfondo da Croda dei Toni e Monte Popera).
Il peggio arriva al Cason de la Crosera, quando si devia a sinistra sullo sterrato della Val d’Onge incontrando subito le erte peggiori (si sfiora il 15%) ma su fondo tutto sommato in buone condizioni; fondo che poi diviene un po' più irregolare e sconnesso, mentre le pendenze si stabilizzano attorno al 10-12%. Qualche tratto per rifiatare c’è, ma almeno fino ai 1800 metri di quota si soffre, e pure tanto.
Dopo l’ultimo di una lunga serie di tornanti la scalata va via via addolcendosi: qualche rampa impegnativa c’è ancora, ma almeno fuori dal bosco ci si può distrarre ammirando le cime rocciose circostanti (impressionante in particolare il colpo d’occhio sul vallone appena risalito, dominato sullo sfondo da Croda dei Toni e Monte Popera).
Si arriva finalmente a Forcella Maraia, collocata poco sotto il rifugio Città di Carpi e dominata dai pinnacoli rocciosi dei Cadini, concludendo così una scalata estenuante che i biker di metà classifica completeranno in non meno di un’ora e mezza di pura agonia.
Niente paura: il peggio è passato, da qui in poi inizia lo spettacolo.
Niente paura: il peggio è passato, da qui in poi inizia lo spettacolo.
Misurina e il Col de Varda
La discesa da Forcella Maraia sembra un tuffo nel vuoto. Vedere la foto per credere.
Illusioni ottiche a parte, la strada bianca è larga e compatta, ripida il giusto e con solo un po’ di ghiaino a renderla più scivolosa. Una volta dentro il bosco si torna all’insù con la contropendenza del Col de Varda, dapprima dolce e poi con un ultima rampetta più impegnativa affacciata sulla valle sottostante.
Illusioni ottiche a parte, la strada bianca è larga e compatta, ripida il giusto e con solo un po’ di ghiaino a renderla più scivolosa. Una volta dentro il bosco si torna all’insù con la contropendenza del Col de Varda, dapprima dolce e poi con un ultima rampetta più impegnativa affacciata sulla valle sottostante.
Si scende quindi definitivamente su Misurina lungo la carrareccia a tornanti che taglia più volte la pista da sci con pendenze elevate e il solito brecciolino a complicare le cose; dalla sponda sud dello specchio d'acqua si imbocca quindi il lungolago che tenendosi a pelo d’acqua conduce alla base delle salite per il lago di Antorno e il Monte Piana.
Monte Piana
L’accesso alle bici è tassativamente vietato, senza esclusione alcuna se non per alcuni permessi speciali riservati ai sopralluoghi organizzativi per 3EPIC (come nelle foto che vedete qui). L’unica occasione per accedervi in mountain bike sarà il 5 Settembre, in ogni altro giorno dell'anno si dovraà deviare sull'asfalto del lago di Antorno proseguendo poi fino al casello ai piedi delle Tre Cime.
Tecnicamente questa parte di percorso dice poco o nulla, ma la principale attrattiva qui è un’altra: da una parte la consapevolezza di pedalare in esclusiva su una strada “vietata”, dall’altra lo straordinario colpo d’occhio e la magnifica cornice naturale che accompagnano la salita.
La strada del Monte Piana sale a strappi, un po’ in asfalto e un po’ su sterrato, fino alla base della serpentina finale: qui la vecchia mulattiera si avvita aggrappandosi alla parete rocciosa superando gli ultimi cento metri di dislivello che separano da Forcella Alta, dove una fugace apparizione delle Tre Cime accompagna lo scollinamento.
La strada del Monte Piana sale a strappi, un po’ in asfalto e un po’ su sterrato, fino alla base della serpentina finale: qui la vecchia mulattiera si avvita aggrappandosi alla parete rocciosa superando gli ultimi cento metri di dislivello che separano da Forcella Alta, dove una fugace apparizione delle Tre Cime accompagna lo scollinamento.
Con un’altra ripida rotabile dal fondo misto asfalto-sterrato si ritorna verso Misurina, salvo poi deviare a sinistra su un sentiero poco battuto che – tra rocce, radici e qualche area umida – porta ai prati sotto le Tre Cime.
Dal casello del pedaggio si scende dolcemente sulla comoda strada bianca per Malga Rimbianco, nei cui vicinanze si inizia a salire. Un centinaio di metri su una traccia più stretta e quindi ci si innesta sulla salita della leggenda.
Le Tre Cime di Lavaredo
C’è poco da raccontare: 4 chilometri al 12% e anche di più. I primi tornanti sono i più facili, poi si esce dal bosco e si affronta il terribile drittone centrale. La mazzata finale la danno gli ultimi tornanti, alcuni dei quali veramente terrificanti.
Dato che al rifugio Auronzo in tanti non sapranno più come si chiamano, probabilmente non riusciranno neanche a godersi del tutto la vista da quassù. E il peggio deve ancora venire, distante solo un chilometro di panoramica mulattiera pianeggiante affacciata su Auronzo, 20 chilometri e 1400 metri di dislivello più in basso.
Lavaredo Supertrail
La discesa finale ha dato origine alle dicerie più varie e infondate. C’è chi pensa sia una discesa da downhill e chi sostiene si possa fare con una bici da ciclocross. Qualcuno dice sia vietata alle mountain bike, mentre altri se la immaginano da fare tutta a piedi. Per qualcun altro, ancora, è pericolosissima.
Cominciamo a fugare qualche dubbio: il sentiero che scende lungo il Vallon di Lavaredo (segnavia 104) ricalca il tracciato di una vecchia mulattiera militare e non presenta divieti di sorta. Data la sua lunghezza (più di 5 chilometri e quasi 1000 metri di dislivello) incontra ambienti e terreni molto diversi tra loro che rendono la picchiata estremamente variegata.
Cominciamo a fugare qualche dubbio: il sentiero che scende lungo il Vallon di Lavaredo (segnavia 104) ricalca il tracciato di una vecchia mulattiera militare e non presenta divieti di sorta. Data la sua lunghezza (più di 5 chilometri e quasi 1000 metri di dislivello) incontra ambienti e terreni molto diversi tra loro che rendono la picchiata estremamente variegata.
Proprio grazie alla sua origine militare ha un andamento sinuoso e regolare che permette di tagliare i pendii con numerosi tornanti intervallati da tratti rettilinei: si tratta in sostanza di un classico trail di alta montagna che richiede sia buona tecnica in discesa che – soprattutto – esperienza in ambienti d’alta quota. Scordatevi le comode discese rilassanti di altri eventi simili, qui servono lucidità e prontezza di riflessi per riuscire a stare in sella per quasi il 100% del sentiero.
Il livello tecnico del trail è quindi sì abbastanza alto, ma comunque decisamente lontano dagli standard delle discipline gravity: la bici ideale è una full-suspended leggera, mentre chi pedalerà su una front patirà molto di più le sconnessioni dovute al fondo roccioso.
Il livello tecnico del trail è quindi sì abbastanza alto, ma comunque decisamente lontano dagli standard delle discipline gravity: la bici ideale è una full-suspended leggera, mentre chi pedalerà su una front patirà molto di più le sconnessioni dovute al fondo roccioso.
A vederla dall’alto, questa discesa, può effettivamente incutere timore. Una volta dentro, complice la velocità mai elevata e l’assenza di punti particolarmente esposti, ci si accorge che pericoli seri non ce ne sono, per lo meno non più di tante altre discese.
Nel dettaglio, il Lavaredo Supertrail può essere diviso in quattro distinti settori:
1 – Il ghiaione
E’ il tratto più bello, sia per il paesaggio che per la morfologia del sentiero: i primi 500 metri di dislivello si snodano infatti su un ghiaione che offre una meravigliosa vista sia su Auronzo e il suo lago (verso il basso) che sulle Tre Cime di Lavaredo (verso l’alto).
Nel dettaglio, il Lavaredo Supertrail può essere diviso in quattro distinti settori:
1 – Il ghiaione
E’ il tratto più bello, sia per il paesaggio che per la morfologia del sentiero: i primi 500 metri di dislivello si snodano infatti su un ghiaione che offre una meravigliosa vista sia su Auronzo e il suo lago (verso il basso) che sulle Tre Cime di Lavaredo (verso l’alto).
Il trail è scorrevole e presenta rettilinei intervallati da tornanti più o meno stretti, ma comunque sufficientemente larghi da poter essere affrontati anche solo appoggiando il piede interno a terra. Non manca qualche piccola frana da superare di slancio.
La difficoltà maggiore in questa fase è data dal fondo spesso coperto da uno strato di rocce e ghiaia che potrebbe risultare insidioso nel caso di brusche frenate o cambi di direzione improvvisi.
La difficoltà maggiore in questa fase è data dal fondo spesso coperto da uno strato di rocce e ghiaia che potrebbe risultare insidioso nel caso di brusche frenate o cambi di direzione improvvisi.
2 – Il bosco
Al limitare del bosco una brevissima salita introduce alla parte centrale del trail: qui il tracciato si fa più lento e tortuoso e le pendenze più marcate; il fondo è mutevole, con tratti sassosi alternati a terra battuta e sottobosco, mentre qualche tornante risulterà più stretto di quelli affrontati nella prima parte. Non mancano alcuni passaggi su radici trasversali.
E’ senza dubbio la parte più tecnica della discesa, dove andrà prestata maggiore attenzione per via della vegetazione rigogliosa, le curve cieche e alcuni punti piuttosto impegnativi come ad esempio i ripetuti attraversamenti del torrente o alcuni passaggi franati: al momento della ricognizione (Luglio 2015) i tratti non ciclabili sono almeno una decina, molti dei quali verranno sistemati e resi percorribili nelle settimane immediatamente precedenti la gara. Due o tre passaggi saranno comunque da percorrere a piedi, ma si tratta comunque di non più di dieci metri per volta.
Al limitare del bosco una brevissima salita introduce alla parte centrale del trail: qui il tracciato si fa più lento e tortuoso e le pendenze più marcate; il fondo è mutevole, con tratti sassosi alternati a terra battuta e sottobosco, mentre qualche tornante risulterà più stretto di quelli affrontati nella prima parte. Non mancano alcuni passaggi su radici trasversali.
E’ senza dubbio la parte più tecnica della discesa, dove andrà prestata maggiore attenzione per via della vegetazione rigogliosa, le curve cieche e alcuni punti piuttosto impegnativi come ad esempio i ripetuti attraversamenti del torrente o alcuni passaggi franati: al momento della ricognizione (Luglio 2015) i tratti non ciclabili sono almeno una decina, molti dei quali verranno sistemati e resi percorribili nelle settimane immediatamente precedenti la gara. Due o tre passaggi saranno comunque da percorrere a piedi, ma si tratta comunque di non più di dieci metri per volta.
3 – Il greto del torrente
Dopo un tratto abbastanza filante si giunge all’intersezione con il sentiero 119: l’ultimo chilometro del trail (150 metri di dislivello) si sviluppa nel greto di un torrente in secca passando continuamente da una parte all’altra di esso. Il tracciato, dal fondo di nuovo roccioso con alcuni passaggi su sabbia fina, presenta attualmente delle brevissime interruzioni nell’attraversamento dell’alveo ghiaioso che verranno presumibilmente ripristinate in vista della gara.
4 – Il bonus track
Per limitate il più possibile l'asfalto della Val Marzon, gli ultimi 400 metri di dislivello verranno in parte coperti nel soffice sottobosco: numerose saranno le ondulazioni e i cambi di direzione in quella che sarà probabilmente la parte più veloce e divertente di tutta la discesa, anche se intervallata da alcuni inevitabili raccordi sulla rotabile già affrontata in salita a inizio gara.
Dopo tutta questa descrizione sul Lavaredo Supertrail, se ancora avete dei dubbi su cosa vi aspetta date un occhio a questo video:
Dopo un tratto abbastanza filante si giunge all’intersezione con il sentiero 119: l’ultimo chilometro del trail (150 metri di dislivello) si sviluppa nel greto di un torrente in secca passando continuamente da una parte all’altra di esso. Il tracciato, dal fondo di nuovo roccioso con alcuni passaggi su sabbia fina, presenta attualmente delle brevissime interruzioni nell’attraversamento dell’alveo ghiaioso che verranno presumibilmente ripristinate in vista della gara.
4 – Il bonus track
Per limitate il più possibile l'asfalto della Val Marzon, gli ultimi 400 metri di dislivello verranno in parte coperti nel soffice sottobosco: numerose saranno le ondulazioni e i cambi di direzione in quella che sarà probabilmente la parte più veloce e divertente di tutta la discesa, anche se intervallata da alcuni inevitabili raccordi sulla rotabile già affrontata in salita a inizio gara.
Dopo tutta questa descrizione sul Lavaredo Supertrail, se ancora avete dei dubbi su cosa vi aspetta date un occhio a questo video:
L'arrivo ad Auronzo
I sette chilometri finali si snodano sulla ciclabile dell'Ansiei il cui fondo compatto permette di arrivare in vista del lago a gran velocità (se ancora si avranno le energie per farlo, ovviamente). Strada facendo si attraversa il ponte coperto di Reane, percorrendo poi gli ultimi due chilometri di gara sul lato destro della valle e tagliando il traguardo sul ponte di Transaqua.
Qualche considerazione personale?
Sarà una gara completamente diversa dalle altre, unica nel suo genere. Non si dovrà dare tutto in salita ma bisognerà conervare ancora tante energie per la discesa finale, dove a fare la differenza saranno lucidità e prontezza di riflessi.
Il percorso corto “basta e avanza”: è il clou dell’evento sia sotto l’aspetto paesaggistico che sotto quello tecnico, anche perché il tratto iniziale del percorso lungo - oltre al bel panorama - non regala nulla di particolare se non dislivello e fatica.
Chi intende concludere il percorso più lungo solo per l’orgoglio di arrivare “in qualche modo” alla fine, ma anche chi deve a tutti i costi “fare il tempo”, forse è bene che faccia una riflessione. Non è la Dolomiti Superbike, non è la Sellaronda Hero. Chi arriva “finito” alle Tre Cime corre il concreto rischio di non essere più in grado di scendere dal Vallon di Lavaredo: qui oltre al tempo massimo ci va di mezzo anche la salute visto che senza lucidità le probabilità di farsi male aumentano esponenzialmente. Insomma, ognuno si faccia un esame di coscienza e valuti le proprie reali possibilità: perdere una mezz’ora al rifugio a riposarsi, o addirittura girare la bici e scendere per l’asfalto, potrebbe essere la scelta migliore. Per una volta l’orgoglio o l’agonismo possono anche essere messi da parte.
Il percorso corto “basta e avanza”: è il clou dell’evento sia sotto l’aspetto paesaggistico che sotto quello tecnico, anche perché il tratto iniziale del percorso lungo - oltre al bel panorama - non regala nulla di particolare se non dislivello e fatica.
Chi intende concludere il percorso più lungo solo per l’orgoglio di arrivare “in qualche modo” alla fine, ma anche chi deve a tutti i costi “fare il tempo”, forse è bene che faccia una riflessione. Non è la Dolomiti Superbike, non è la Sellaronda Hero. Chi arriva “finito” alle Tre Cime corre il concreto rischio di non essere più in grado di scendere dal Vallon di Lavaredo: qui oltre al tempo massimo ci va di mezzo anche la salute visto che senza lucidità le probabilità di farsi male aumentano esponenzialmente. Insomma, ognuno si faccia un esame di coscienza e valuti le proprie reali possibilità: perdere una mezz’ora al rifugio a riposarsi, o addirittura girare la bici e scendere per l’asfalto, potrebbe essere la scelta migliore. Per una volta l’orgoglio o l’agonismo possono anche essere messi da parte.