Dopo alcuni anni di assenza, il 6 Agosto prossimo ritornerà La Pedalonga (www.lapedalonga.it), la marathon bike a coppie del Comelico che si svolse per l’ultima volta nel lontano 2011. L’evento si presenta con un percorso in parte rinnovato che abbiamo avuto modo di provare in anteprima insieme agli organizzatori dello Spiquy Team.
La gara partirà a velocità controllato dalla piazza di Dosoledo, una delle tante piccole frazioni che compongono il comune di Comelico Superiore, e seguendo la Statale Carnica si raggiungerà prima Candide e quindi, in discesa, Sega Digon: è qui che verrà dato lo start ufficiale.
Pronti-via! E subito in salita, sulle difficile pendenze che risalgono la Val Digon. A Capella Tamai, in corrispondenza di un primo pianoro, si svolta a destra verso Costa con la strada che si restringe proseguendo a strappi fino all’uscita dal bosco.
Pronti-via! E subito in salita, sulle difficile pendenze che risalgono la Val Digon. A Capella Tamai, in corrispondenza di un primo pianoro, si svolta a destra verso Costa con la strada che si restringe proseguendo a strappi fino all’uscita dal bosco.
La salita continua, ora estremamente panoramica, verso il Monte Zovo: qui le pendenze medie sfiorano il 13% per circa due chilometri, fino a quando non si imbocca una sterrata dalle pendenze più moderate che si spinge verso il versante meridionale della montagna. Arriva anche il primo passaggio di una certa complessità, rappresentato da un single track particolarmente stretto ed esposto sul pendio boscoso che richiederà lucidità ed equilibrio per non mettere il piede a terra.
Si arriva così sulla mulattiera del “Sasso Grigno”: il fondo sterrato diviene via via più rovinato salendo di quota fino a raggiungere una radura, da dove si continua seguendo un bellissimo sentiero panoramico fino ai piedi del primo GPM, quello del Monte Zovo.
Si arriva così sulla mulattiera del “Sasso Grigno”: il fondo sterrato diviene via via più rovinato salendo di quota fino a raggiungere una radura, da dove si continua seguendo un bellissimo sentiero panoramico fino ai piedi del primo GPM, quello del Monte Zovo.
Qui (ma non è ancora chiaro né confermato) è probabile che il percorso di gara raggiunga la cima del “gigante” della Val Comelico coprendo gli ultimi cinquanta metri di dislivello su traccia erbosa.
Con una larga mulattiera si scende ora fino al nuovo rifugio De Doò, affrontando poi due tornanti asfaltati e imboccando la rinnovata carrareccia per la Val Melin: questo tracciato, realizzato non più di due anni fa, corre nel bosco aggirando le imponenti vette dei Longerin seguendo un andamento altimetrico da non sottovalutare.
Con una larga mulattiera si scende ora fino al nuovo rifugio De Doò, affrontando poi due tornanti asfaltati e imboccando la rinnovata carrareccia per la Val Melin: questo tracciato, realizzato non più di due anni fa, corre nel bosco aggirando le imponenti vette dei Longerin seguendo un andamento altimetrico da non sottovalutare.
Subito si perdono duecento metri di dislivello tra tornanti e tortuosità fino al guado del Rio Giao Storto, quindi si affrontano due brevi salite dalle pendenze a tratti estreme prima di scendere a gran velocità prima in Val Melin e successivamente, con un’insidiosa rotabile dal fondo scivoloso e sdrucciolevole, ai 1458 metri del Pian della Mola.
E’ giunta l’ora di affrontare la salita più difficile e lunga della gara, quella che dalla Val Digon conduce al Passo Silvella: la prima agevole parte si sviluppa sullo stretto fondovalle accompagnati dal piacevole e continuo scosciare del torrente, ma quanto iniziano i tornanti la storia cambia.
E’ giunta l’ora di affrontare la salita più difficile e lunga della gara, quella che dalla Val Digon conduce al Passo Silvella: la prima agevole parte si sviluppa sullo stretto fondovalle accompagnati dal piacevole e continuo scosciare del torrente, ma quanto iniziano i tornanti la storia cambia.
Le pendenze si impennano di colpo per un chilometro e mezzo fino a Casera Silvella poi, se possibile, le cose si complicano ancora di più: l’asfalto lascia il posto infatti a una mulattiera decisamente sconnessa e rovinata, che serpeggiando sui pendii erbosi guadagna quota regalando grandiose viste sull’anfiteatro di cime circostanti.
In realtà dopo l’ultimo tornante la mulattiera si fa un po’ meno pendente, ma nell’interminabile traverso finale il fondo diventa ancor più complicato raggiungendo l’apice della sconnessione nella parte finale, dove rocce, sfasciume e piccoli guadi caratterizzeranno l’arrivo ai 2329 metri di Passo Silvella.
Ma non è ancora finita: uno stretto sentiero si arrampica ora sui ghiaioni del Col Quaternà raggiungendo la Sella omonima, da conquistare con un breve ma inevitabile tragitto a piedi; è probabilmente questo il passaggio simbolo della gara, nonché il punto più stupefacente del percorso: si arriva infatti in un ambiente di alta montagna, spoglio e desolato, dal quale la vista corre in ogni direzione regalando uno dei panorami più grandiosi della zona. E non è finita, perché da qui in poi sarà goduria pura.
Si imbocca infatti il supertrail della Costa della Spina, uno strepitoso single track che per oltre sei chilometri corre tra i crinali erbosi regalando un’esperienza ciclistica di quelle da ricordare a lungo: il sentiero alterna dolci discese e qualche erta breve ma improvvisa, diventando nella seconda parte un tratturo di roccia mista ad erba condizionato da buche e canale dovute all’acqua e al pascolo.
Nei pressi del Monte Spina la discesa si immette su una mulattiera, diventando poi ulteriormente ripida e per certi versi difficile nel successivo settore, disegnato appositamente per la gara a tagliare alcuni tornanti sul soffice fondo del sottobosco.
Al crocifisso de Le Federe la strada riprende a salire, anche se ora con poca convinzione, fino ai boschi della Federola. Se siete arrivati puliti fin qui, mettetevi il cuore in pace: adesso vi sporcherete un bel po’!
Al crocifisso de Le Federe la strada riprende a salire, anche se ora con poca convinzione, fino ai boschi della Federola. Se siete arrivati puliti fin qui, mettetevi il cuore in pace: adesso vi sporcherete un bel po’!
Il segnavia 150 è abbastanza difficile per via delle tanti situazioni che si incontrano: sassi, sottobosco e radici animano la parte iniziale, quindi una serie di rigagnoli e aree paludose renderanno la picchiata più instabile, scivolosa e soprattutto fangosa. Nel finale il sentiero invece si allarga fino a trasformarsi in strada sterrata.
Ora, nel bel mezzo della velocissima calata su Dosoledo, ci si ritrova davanti un vero e proprio muro, per di più abbastanza sconnesso, giusto dietro una secca e fetente svolta a sinistra… e non è escluso che più di qualcuno debba scendere di sella. Fortunatamente più avanti l’ascesa continua meno pendente, scollinando il Troi dei Bacani (un sentiero tematico decorato con statue lignee ispirate ai lavori dei contadini) e scendendo comodamente a Casamazzagno.
Dopo l’ultimo ristoro collocato nella piazza del paese ha inizio l’inedita discesa finale: dalle case di Casamazzagno si scende per prati fino alla chiesa della vicina Candide, imboccando poi un vecchio sentiero oggi ripristinato che taglia il pendio mantenendosi a una quota più o meno costante. Infine, quando ci si ritrova praticamente “sopra” Sega Digon, l’ultima planata condurrà direttamente sulla linea d’arrivo. E il percorso corto? Sarà identico al percorso più lungo fino al Pian de la Mola: poco più avanti devierà sulle pendenze mai impegnative del Bosco Ombrio e scendendo poi – ora si con un passaggio particolarmente ripido – verso il Pian Gallina. Da qui alla graziosa chiesetta di San Leonardo sarà tutta pianura e discesa fino al ristoro di Casamazzagno, ricollegandosi così alla discesa conclusiva già descritta. |