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Tour du Mont Blanc - Tappa #4

30/7/2012

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Orsieres - Courmayeur (40km. / 1700m. disl.)

Partiamo di buon'ora. La temperatura è frizzante e il cielo è coperto da nubi basse, ma promette al meglio. Saliamo i primi chilometri della Val Ferret su asfalto, innestandoci poi sul sentiero TMB che in questa fase passa per paesini e stradine isolate.
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Proseguendo nella dolce salita passiamo sul versante opposto della valle, dove ci aspetta un chilometro e mezzo di bellissimo e a tratti tecnico single track.
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Raggiungiamo così La Fouly e poco più avanti Ferret, da dove ha inizio la parte più dura della tappa: la salita al Col du Gran Ferret.

La prima parte, seppur ripida, presenta un fondo molto compatto e offre ampie vedute su tutta la vallata, compreso uno dei tanti ghiaccia che caratterizzano queste montagne.
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A quota 2100, nei pressi di un rifugio, la mulattiera lascia il posto a un compatto ma stretto sentiero: un po' a piedi, un po' in bici, guadagniamo quota in un ambiente sempre più spettacolare.
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Il cielo è terso e senza nuvole, l'aria asciutta e limpida. Lo spettacolo da qua sopra lascia senza parole. Dopo quasi un'ora arriviamo finalmente alla Cima Coppi del Tour, il Col du Gran Ferret a quota 2537m..
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Davanti a noi i ghiacciai e il Massiccio del Bianco... da pelle d'oca.
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Rientriamo in Italia iniziando la lunghissima discesa verso Courmayeur. All'inizio si rivela scorrevole, poi decisamente più tecnica con diversi passaggi non ciclabili. La picchiata è anche abbastanza pericolosa, e considerati i tantissimi escursionisti che salgono è necessaria la massima attenzione.
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Arrivati al Rifugio Elena il più è fatto: il single track lascia il posto a una larga, velocissima e panoramica sterrata che scende sinuosa in Val Ferret; la strada si fa poi asfaltata, ma noi la evitiamo con alcune varianti tra prati e boschi che ci permettono di ammirare ancora una volta la vetta del Monte Bianco imbiancata dalla neve.
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Arriviamo infine alle porte di Courmayeur, termine del "nostro" Tour. Esistono infatti tantissime possibili varianti per effettuare il Giro del Monte Bianco, alcune più facili altre più impegnative, alcune più ciclabili altre decisamente meno. Tutte, comunque, altamente spettacolari e panoramiche, attraverso luoghi di rara bellezza e fascino.

Se proprio bisogna dare un consiglio, meglio effettuare il tour in senso orario: al contrario è decisamente più duro e molto meno ciclabile.

Riassumendo, il percorso che abbiamo affrontato prevede pochi tratti realmente impervi, mentre sono diverse le salite che, complice la pendenza, costringono i meno allenati a mettere il piede a terra.
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Tour du Mont Blanc - Tappa #3

29/7/2012

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Chamonix/Les Bossons - Orsieres (60km. / 1800m. disl.)
 
Partenza di buon'ora alla ricerca di un bar dove far colazione visto che nell'albergo era a pagamento, e cara impestata. Ciclabili e sentierini sul versante destro della valle ci conducono in centro a Chamonix, dove il versante nord del Bianco, anche se nascosto dalle nubi basse, mette comunque un certo timore.
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Dopo una abbondante colazione riprendiamo a pedalare nel centro di Chamonix, tra vetrine griffate e negozi alla moda dai prezzi astronomici. Usciamo dal paese e, dribblando qua e là strade e sentieri vietati alle bici, risaliamo la valle con dolci pendenze su bellissime ciclabili sterrate fino ad Argentiere, proseguendo con pendenze più marcate verso Le Tour.
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Qui la scelta era doppia: salire al Col de la Balme (650m. più in alto) in bicicletta/a spinta, oppure con gli impianti. Tutti siamo per la seconda opzione e con 20€ (biglietto giornaliero, volendo si può scendere e risalire più volte) arriviamo in vista del colle sfruttando cabinovia e seggiovia.
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Con una rapida pedalata in leggerissima salita giungiamo al freddo e ventoso valico, dal quale entriamo in territorio elvetico.

Qui un cartello ci avverte che il sentiero che andremo a intraprendere è riservato ai pedoni, e che per la MTB esiste un apposito percorso che aggira la montagna il quale, però, allunga di molto i tempi di percorrenza. Decidiamo di scendere per il sentiero pedonale, sul quale le MTB sono ammesse ma con alcune severe restrizioni (bassa velocità, non rovinare il fondo, precedenza assoluta agli escursionisti).

La discesa si rivela una goduria: scorrevole e per nulla tecnica perde quota serpeggiando in un ambiente idilliaco, finalmente illuminato dal sole.
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Dopo un po' il sentiero si restringe e si fa via via più tecnico entrando nel bosco: qui le pendenze si inaspriscono e una lunga serie di tornanti mette a dura prova i freni. Anche il fondo si fa a tratti più insidioso, con radici, scalini e rocce. Alcuni passaggi andranno per forza di cose affrontati a piedi, ma con buona tecnica si può affrontare praticamente tutta la picchiata in sella.
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In vista del fondovalle il sentiero lascia il posto a una comoda sterrata che conduce verso Trient, mentre alle nostre spalle appare nuovamente il massiccio del Bianco con i suoi ghiacciai.
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Poco prima di arrivare a Trient imbocchiamo la breve salita alla Forclaz, evitando parte dell'asfalto sfruttando un taglio su traccia erbosa. Giunti in cima non ci resta che scendere verso Martigny su strade secondarie e alcune belle varianti offroad ma - complice la velocità - di difficile individuazione.
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Siamo alle porte di Martigny, alla quota più bassa del Tour (circa 550m.), nella terra delle albicocche. Il caldo si fa sentire e la successiva lunga salita a Champex si rivelerà più impegnativa del previsto. Dopo lo scollinamento, alcuni chilometri pianeggianti ci separano dal Champex e dal suo lago affollato di turisti.
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Per la discesa su Orsieres scegliamo il sentiero TMB, il segnavia che effettua tutto il periplo del Monte Bianco e che anche noi, per lunghi tratti, abbiamo seguito in questi giorni. Qui però il sentiero si rivela molto difficile e impegnativo, con diversi punti non ciclabili e alcuni stretti passaggi che possono mettere in difficoltà se, come è successo, si incontrano escursionisti a piedi.

A un certo punto abbandoniamo il TMB scendendo per una mulattiera che si innesta sulla principale e scende a Orsieres portandoci dritti dritti in albergo (Hotel Terminus, nei pressi della stazione, consigliabile).
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Tour du Mont Blanc - Tappa #2

28/7/2012

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Bourg-Saint-Maurice/Les Chapieux - Chamonix/Les Bossons (70km. / 2200m. disl.)

La seconda tappa inizia all'insegna del maltempo: pioggerellina alla partenza e diluvio salendo al Cormet de Roselend (chi in bici, chi con il furgone di appoggio) ripercorrendo al contrario i tredici chilometri di discesa fatti ieri. Da Les Chapieux inizia la tappa "vera" sulle strade del Tour de France, con tanto di cippi chilometrici a indicare le caratteristiche della salita chilometro dopo chilometro.
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In cima al Cormet de Roselend l'unico riparo dalla pioggia è un baracchino in legno dove ne approfittiamo per scaldarci, asciugarci e cambiarci. Nel frattempo il meteo sembra migliorare e nel cielo compare qualche sprazzo d'azzurro.

Dopo alcuni chilometri di veloce e facile discesa verso Albertville raggiungiamo il Lac de Roselend, deviando poco dopo in direzione del Barrage de la Gittaz e dell'omonimo piccolo lago artificiale. Ha qui inizio la seconda salita della giornata, verso il Col de la Gitte.
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La salita è larga e compatta, dalle pendenze costanti e non eccessivamente impegnative. Strada facendo si incontrano due bivi dove la direzione da prendere non è poi così intuitiva (a destra il primo, a sinistra il secondo), e una baracca in legno dalla quale escono fuori tre cagnoni incazzati dai quali scappare a gran velocità.

Verso quota 2100m. la comoda sterrata, che fin qui ci ha offerto ampie vedute sulla valle e sullo sviluppo a tornanti della mulattiera, diventa un sentiero erboso identificato da picchetti bianco-rossi che, in circa 15 minuti a piedi, porta sulla verde vetta del Col de la Gitte (2300m. circa).

La discesa che ne segue inizia filante e divertente, lasciando poi il posto a un tratto tecnico ed impegnativo costellato di sassi e rocce dove saranno necessarie abilità ed equilibrio per mettere il piede a terra il meno possibile.
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La vista sul massiccio del Monte Bianco, alla nostra destra, è parzialmente offuscata dalla nubi mentre la nostra prossima meta, il Col du Joly, è ben visibile di fronte a noi.
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Nel finale la discesa si fa un po' più agevole, arrivando a un piccolo casolare da dove una larga e veloce sterrata conduce all'imbocco della salita asfaltata del Col du Joly: poco meno di due chilometri a medie pendenze fino al rifugio, inaspettatamente chiuso e deserto.

La discesa dal Col du Joly si presenta agevole e per nulla impegnativa. Almeno fino a un bivio che, verso destra, indirizza su un impegnativo ma bellissimo single track che si raccorda con una mulattiera: la picchiata si fa ora sempre più tecnica e impegnativa (ma comunque ciclabile) affrontando diversi settori in sottobosco tra alberi e radici e un finale su un fondo roccioso molto pericoloso se bagnato. Fortunatamente arriviamo a Notre Dame de la Gorge prima che inizi a gocciolare.
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Mentre ci rifocilliamo in un bar la pioggia aumenta gradualmente di intensità, concedendoci però una pausa proprio quando riprendiamo a pedalare. La discesa nel fondovalle si snoda tra ciclabili, strade secondarie, qualche single track e alcuni passaggi sulla via principale.

Arrivati all'imbocco del Col de Voza la pioggia torna a cadere, e qui decidiamo il da farsi: salire in quota o proseguire in fondovalle allungando su asfalto. All'unanimità scegliamo la prima opzione e approcciamo la scalata al colle.

All'inizio asfaltata, la salita si infila su per una sterrata dalle pendenze estreme che costringono tutti al pied-a-ter. Al termine del muro (con il quale abbiamo guadagnato quasi 150 metri di quota) l'ascesa diventa più dolce e pedalabile, passando per le case di Le Champel e inoltrandosi nella valle coperta dalle nubi.

L'ultima parte di salita è un'agonia: tra la stanchezza, la pioggia che torna a cadere copiosa e le pendenze elevatissime, ci ritroviamo a spingere per buona parte del tratto di strada che manca per raggiungere il Col de Voza.

In vetta troviamo l'omonimo rifugio e il trenino a cremagliera che porta i turisti verso il Monte Bianco. Tutto attorno il deserto, non c'è anima viva.

Non ci resta che scendere a valle, lungo le piste del bike park. In realtà, viste le condizioni meteo, abbiamo cercato una alternativa ma senza successo (in realtà c'era, l'alternativa, bastava solo aver fiducia nella strada che puntava con decisione all'insù invece che all'ingiù...). Ci troviamo quindi a percorrere quello che è (anzi, ERA) un bike park: qualche albero caduto, qualche passerella pericolante e il fondo molto rovinato ci fanno pensare che questa pista non sia più in uso. Il fango, in particolare, ci costringe a scendere di sella più e più volte per non rischiare di volare a terra e farci del male, proprio ora che siamo quasi arrivati.
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Un vero peccato, perché in condizioni asciutte le paraboliche e i saltini sarebbero stati un divertimento assicurato.

A un certo punto abbandoniamo la pista innestandoci su una più facile mulattiera che ci collega a un piccolo paese dove, al nostro evidente dubbio se prendere o meno un sentiero vietato alle biciclette, una antipatica vecchina francese ci riempie - a prescindere - di improperi minacciando di chiamare "la gendarmerie".

Scendiamo allora su asfalto raggiungendo Les Houches, proseguendo poi rapidamente verso Chamonix su asfalto dove approfittiamo di un autolavaggio per ripulire bici e biker dal fango.

E' stata sicuramente la giornata più dura, e forse anche la meno divertente viste le condizioni meteo che l'hanno condizionata.
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Tour du Mont Blanc - Tappa #1

27/7/2012

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Courmayeur - Bourg Saint Maurice (43km. / 1400m. disl.)

Finalmente, dopo tanto fantasticare, anche il Tour del Monte Bianco è fatto: insieme ad altri sette amici abbiamo effettuato il famoso periplo della montagna più alta d'Europa. Assieme a noi un’ulteriore persona alla guida di un furgone di appoggio per il trasporto bagagli ed eventuale assistenza (comprese - ma che non si sappia troppo in giro... - numerose "trainate" di qualche sfaticato).

Arriviamo a Courmayeur con già un'ora di ritardo causa coda in autostrada. Parcheggiamo alle porte di Courmayeur e partiamo alla volta della Val Veny.

Per noi abituati alle Dolomiti, la prima cosa che salta all'occhio è che i ghiacciai, da queste parti, arrivano a quote veramente basse: appena entrati in valle iniziano infatti a vedersi le prime lingue di ghiaccio.
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La salita alterna rampe impegnative a lunghi pianori e falsipiani, sterrati a partire da quota 1650 (Pian de Lognan) da dove ha inizio anche il secondo strappo che conduce ai piedi del ghiacciaio del Miage, solo l'ultimo dei tanti fin qui incontrati. Poco più avanti la valle si apre a formare l'incantevole Lac de Combal. Su, in alto si intravede il Rifugio Elisabetta Soldini, nostra prossima meta.
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Raggiungere il rifugio non è per nulla semplice: la mulattiera si impenna di colpo e, complice il fondo un po' rovinato, l'incedere risulta piuttosto difficoltoso. L'ambientazione della Lex Blanche aiuta comunque a distrarsi.
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Al Rifugio il meteo inizia a farsi più minaccioso con tuoni e lampi in lontananza. Fortunatamente il temporale interessa le vette a sud senza bagnare la valle, per cui decidiamo di proseguire verso il Col de la Seigne, a quota 2510m..

All'inizio pedalabile, l'ascesa si fa più impegnativa addentrandosi nel Vallon de la Lex Blanche costrigendoci, dopo un guado, a proseguire per lunghi tratti a spinta fino alla vetta, toccando strada facendo la Casermetta de la Seigne, ultimo punto di appoggio prima della cima.
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Dalla vetta la vista si apre sul versante francese offrendo un panorama grandioso su tutta la valle sottostante e, in lontananza, su Le Chapieux nostra prossima meta.

La discesa è a dir poco entusiasmante, su un single track compatto e scorrevole che perde quota tra prati e rocce, offrendo ben pochi tratti impegnativi da affrontare a piedi. Tutto attorno, inutile dirlo, lo spettacolo delle montagne solcate da ghiacciai e torrenti.
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Nonostante perdiamo quota abbastanza rapidamente la discesa sembra infinita, eterna: tutta da guidare e tecnica al punto giusto, offre a ogni curva uno scorcio diverso.

La discesa termina nei pressi del Refuge des Mottets, uno dei pochi luoghi dove pernottare da queste parti. Si prosegue poi su sterrato fino a La Ville des Glacier, e da qui su asfalto a Les Chapieux.
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Les Chapieux avrebbe dovuto rappresentare la fine della prima tappa, ma essendo l'unico albergo presente (Refuge La Nova) tutto pieno abbiam dovuto proseguire la discesa fino a Bourg-Saint-Maurice, circa tredici chilometri più avanti e ottocento metri più in basso, dove le opportunità di pernotto non mancano.
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Salzkammergut Trophy 2012 - Bag Goisern [AUT]

14/7/2012

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“La Salzkammergut o la ami o la odi, non ci sono vie di mezzo. Ti seduce e ti ammalia con il suo blasone, ma poi ti bastona. E’ una tentatrice spietata che si lascia sfidare, ma che difficilmente si fa domare. Si presenta deliziosa, ma si rivela tremenda, talvolta terrificante.”
[www.solobike.it - 21.07.2011]

Così esordiva il report dal Salzkammergut Trophy 2011: a un anno di distanza, alla luce di quanto vissuto pochi giorni fa nell’edizione 2012, vogliamo iniziare con le stesse identiche parole, perché probabilmente non ne esistono di migliori per descrivere cosa sia, cosa significhi, cosa rappresenti la classicissima austriaca della mountain bike ormai giunta alla sua quindicesima edizione.

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Bad Goisern, poco a sud di Salisburgo, è un piccolo e anonimo paese della regione del Salzkammergut che per un weekend all’anno si veste a festa trasformandosi nella capitale della mountain bike: bikers da tutta Europa giungono nella valle di Hallstatt attirati, più che dal patrimonio Unesco circostante, da un evento unico e inimitabile che riscuote sempre più consensi anno dopo anno.

Sono stati infatti oltre 4500 i partecipanti alle gare del sabato e altri 400 agli eventi collaterali della domenica (cronoscalata, downhill con il monociclo e gare per i più piccoli), arrivati da 37 differenti nazioni.

Le attenzioni maggiori sono da sempre riservate al main event del sabato che, grazie alla sua particolare formula (sei percorsi di difficoltà crescente, da 22 a 211 chilometri), riesce a coinvolgere un ampio e variegato target di sportivi, dai più allenati e preparati professionisti agli amatori fino ai semplici escursionisti che non vogliono rinunciare a una giornata di svago e divertimento in mountain bike, magari su mezzi tutt’altro che moderni e performanti.
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A fare da valore aggiunto ci pensa il contesto, entusiasmante e coinvolgente, in cui si viene catapultati una volta giunti a Bad Goisern: al Trophy, come del resto in molti altri eventi da queste parti, l’aggregazione e il fare sport vengono prima del mero esercizio fisico o della semplice prestazione agonistica al punto che l’atmosfera che si respira, amichevole e spontanea,  dà l’impressione di trovarsi a una grande festa o a una rimpatriata di amici più che a un evento sportivo. Il bello è proprio questo: per molti, moltissimi, a Bad Goisern la mountain bike non è il fine sportivo bensì il mezzo per aggregazione sociale.

E’ da riconoscere però che gran parte del fascino e della fama del Salzkammergut Trophy sono dovuti al suo percorso più lungo, l’estremo l’A-Strecke da 211 chilometri e 7000 metri di dislivello, che rappresenta indiscutibilmente la corsa di un giorno più dura al mondo. I numeri lo testimoniano: dei 571 che hanno intrapreso l’avventura solo in 282 (meno della metà!) sono arrivati al traguardo con il vincitore, il ceco Ondre Fojtik, che ha impiegato 10 ore e 37 minuti a completare la gara tallonato al secondo posto da un nome noto al grande pubblico della mountain bike, l’olandese Bart Brentjens; terzo il tedesco Max Friedrich.
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Numerosi anche gli italiani: sui 190 iscritti in 50 hanno scelto la distanza più lunga, ma solo in 26 sono riusciti a concludere la prova. Tra questi una menzione particolare la merita Michela Ton, unica donna italiana sull’A-Strecke, capace di conquistare un eccellente secondo posto nella gara femminile dietro la tedesca Natasha Binder. Michela, alla sua prima partecipazione, ci ha confidato di aver corso “a sensazione”, senza contachilometri né GPS, dimostrando quanto in questa gara la testa conti molto di più delle gambe.

Un po’ di Italia anche sul percorso da 120 chilometri grazie al Finlandese Jukka Vastaranta, portacolori del Team Trek Cingolani, capace di agguantare il secondo gradino del podio dietro all’austriaco Christoph Soukup.
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Ma al di là dei puri dati statistici, che cos’ha questo Salzkammergut Trophy di così affascinante? Per capirlo ci siamo uniti ai coraggiosi biker dell’A-Strecke (senza alcuna velleità di concludere la prova, sia ben chiaro) e, puntuali alle cinque del mattino, abbiamo preso con loro il via tra le tenebre, acclamati da due ali di folla assiepate alle transenne ad incitare noi, i “numeri rossi”.

Stefano De Marchi @ www.solobike.it
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Sito internet: www.trophy.at
Informazioni in italiano: www.bikeandmore.it

Fotogallery:
http://www.sportograf.com/bestof/1334/
http://www.flickr.com/photos/mtb_trophy
https://picasaweb.google.com/the.mtb.biker/SalzkammergutTrophy2012
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L'avventura di un numero rosso

14/7/2012

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Ore 3.50 – Bad Goisern, sveglia
La sveglia suona, ma è da un pezzo che i nostri occhi sono aperti, almeno dalle due e mezza. La tensione e l'adrenalina sono alle stelle al punto che avremo dormito si e no quattro ore. Ci vestiamo e andiamo a fare colazione.

Ore 4.05 – Bad Goisern, colazione
Buio, silenzio. Tutti gli ospiti del grande albergo sono ancora in piena fase R.E.M.. Fuori le tenebre, dentro solo una grande stanza è illuminata, quella della sala da pranzo. Dentro siamo in sei, un italiano, due tedeschi, due austriaci e uno slovacco.... sembra quasi una barzelletta. Le facce assonnate e tese, le bocche ingurgitare tutto quello che ci capita a tiro. Emblematica la frase della cameriera: 'Sie sind verrückt'.

Ore 4.50 – Bad Goisern, km. 0
Pochi minuti al via: il buio non è poi così pesto come un'ora fa ma i lampioni e le fotoelettriche sono ancora indispensabili per vederci qualcosa. La situazione è strana ed emozionante: con le tenebre tutto sembra così diverso, non c'è musica, non c'è rumore. Tutto è come ovattato, il brusio è appena accennato: la piazza è un brulicare di bici e biker, ma tutti parlano sottovoce.

Ore 5.00 – Bad Goisern, partenza
La piazza esplode. Letteralmente. Un boato di grida, applausi e urla che sveglia quei pochi che ancora erano a letto: il rettilineo di partenza è stracolmo di gente, due ali di folla armate di campanacci, trombe, vuvuzela, tamburi e ogni altro aggeggio atto a far rumore. E' il saluto di Bad Goisern agli eroi che partono alla conquista del Salzkammergut. Da pelle d'oca.

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Ore 5.15 – Rehkogl, km. 4
Siamo solo a un terzo della prima salita, il terzo più facile, e siamo assaliti da sonno, stanchezza, gambe pesanti. Ma chi ce l'ha fatto fare? Ma quanto bene si stava a letto? Quasi quasi giriamo la bici e torniamo in albergo...

Ore 6.20 – Ratschberg, km. 11
Che meraviglia, che bellezza! Sta albeggiando. Tra le nuvole che si stanno diradando filtrano i raggi del sole a illuminare la valle. In lontananza il ghiacciaio del Dachstein, sotto di noi i paesi della valle che ancora dormono. Valeva la pena partire alle cinque anche solo per ammirare questo spettacolo della natura.
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Ore 7.25 – Ewige Wand, km. 29
Primo passaggio sul simbolo della gara, la strada nella roccia tra tunnel e precipizi. Prima e dopo qualche passaggio tecnico un po' umido in single track mette già in difficoltà diversi biker. Da chiedersi come pensano di finirla sta gara se già adesso sono presi così...

Ore 8.00 – Bad Goisern, primo passaggio, km. 40
Finisce il primo giro, quello corto. Inizia a vedersi qualcuno per le strade, finora c'erano quasi solo i bravissimi (e volenterosi) volontari ai bivi e qualche escursionista mattiniero. Gli applausi e i 'SUPPA SUPPA' (si scriverebbe 'Super', ma si legge 'Suppa') vengono distribuiti a destra e a manca non appena compare un 'numero rosso'.

Ore 8.25 – Rehkogl, km. 43
Il bivio tra primo e secondo giro passa senza neanche notarlo. La salita è asfaltata e pedalabile e le gambe iniziano a mulinare bene. Un crucco sbaglia direzione e tutti gli vanno dietro come pecoroni dietro finendo dentro un cortile. Si odono imprecazioni in svariate lingue del mondo.

Ore 9.05 – Reith / Altaussee, km. 52
Ristoro. Si mangia e si beve. Qualcuno già che c'è lava pure la bici visto che il fango accumulato inizia a essere tanto, soprattutto nell'ultima discesa giù per un sentiero di rocce, radici e parecchia melma: un sentiero non lunghissimo ma q.b. per sporcarsi dalla testa ai piedi. E, soprattutto, q.b. per perdere tempo prezioso se si ha da lottare con i cancelli.
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Ore 9.20 – Salzwelt Altaussee, km. 55
Passiamo di fronte alle miniere di sale, attrazione turistica divertente anche se freddina (un'ora e mezza a 7°C dentro la montagna). La temperatura esterna invece è ottimale, non fa troppo freddo e il tempo sembra tenere ed esce pure il sole. Anche questa salita è pedalabile... anzi no, dopo le miniere si impenna con pendenze da capottarsi. Ma dura poco, poi torna agevole.

Ore 9.30 – La pista nera, km. 57
Chi trova un amico trova un tesoro. Noi troviamo Giacomo, da Pesaro. Ci avverte di quel che sta per arrivare: una pista nera da scendere 'dritto per dritto'. Sul momento non capiamo, ma poco dopo... vediamo. Una discesa corta ma ripidissima, costellata di sassoni messi un po' a casaccio; poi entra nel bosco e si fa... inesistente. Sembra di essere sul greto di un torrente in secca, quasi impossibile procedere in bici tra le pietre umide e scivolose.
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Ore 9.40 – Blaa Alm, km. 59
Sempre insieme a Giacomo. Qui l'anno scorso forò: nella sosta notò un recinto per animali. Ci invita a fermarci un minuto per andare a vedere. Come allo zoo, anzi meglio... allo zoo le marmotte non sempre ci sono.

Ore 09.50 – Valle del Rettenbach, km. 63
La discesa è veloce, non troppo ripida e né troppo tecnica, ma si snoda in un ambiente a dir poco strabiliante, fianco a fianco al torrente tra gallerie, canyon, cascate, pareti di roccia. A ogni chilometro uno spettacolo diverso nella stretta e selvaggia valle, ma chi sbaglia una curva è spacciato.

Ore 10.00 – Valle del Rettenbach, km. 68
E il primo cancello è passato. 45 minuti di anticipo possono essere tanti ma anche pochi, visto quello che c'è ancora da affrontare. In compenso al ristoro, pochi chilometri prima, abbiamo approfittato del lavaggio bici, ce n'era proprio bisogno.

Ore 10.20 – Valle del Grabenbach, km. 71
Un'altra salita. Un'altra – per fortuna – con pendenze non così elevate. Si incunea dritta e senza tornanti in una forra sempre più stretta e sempre più profonda. Qui nel 2010 uno del D-Strecke è caduto di sotto e c'ha lasciato le penne. Inizia pure a fare un po' freddino, si alza un po' d'aria e il cielo si annuvola sempre più. Pure le gambe iniziano a sentire la stanchezza.

Ore 10.45 – Tauernkreuzung, km. 74
Ci siamo passati anche prima, nel giro piccolo. C'è il ristoro, adesso preso d'assalto da quelli del B-Strecke partiti alle 9.00. Fa freddo e c'è vento, meglio vestirsi. Ripartiamo e, abbandonati i 'numeri blu' canniamo alla grande il primo bivio che ci capita davanti. E' già la seconda volta che ci capita: preoccupante...

Ore 10.55 – La discesa senza nome, km. 76
Ecco il fascino del Salzkammergut: vegetazione rigogliosa, precipizi, pareti verticali e sentieri a strapiombo (questo che stiamo affrontando ha persino le reti di protezione!). Entriamo e usciamo dalle gallerie a velocità folli, poi tiriamo di colpo i freni sennò ci ammazziamo: davanti a noi diverse centinaia di metri di fango e sassi, radici e ruscelli. Dai numerosi infermieri presenti si capisce che qua ci si fa male, difatti tutti scendono a piedi.

Ore 11.15 – Bad Ischgl, km. 82
Non si sa come, non si sa perché, ma nonostante la stanchezza scendiamo in sella alla grande e senza problemi. Sarà merito della full 29'? O forse delle gomme 'quellechecostanomeno' gonfiate a 'piùomenoquantobasta'? Fatto sta che arriviamo alle porte di Bad Ischgl con il sorriso sulle labbra.

Ore 11.16 – Bad Ischgl, km. 82,5
Da lontano vediamo un biker arrancare a piedi tra le erbacce nel mezzo di un campo ripidissimo. Il sorriso sulle labbra sparisce all'istante. Poco dopo sarà ancora peggio: la foto si commenta da sola.
Immagine
Ore 11.35 – Da qualche parte vicino a Bad Ischgl, km. 84
C'è da camminare, e tanto, nei sentieri da capre infangati e invasi dalla vegetazione.
Fa freddo, e il cielo si fa sempre più scuro e minaccioso.
Siamo stanchi e le gambe invocano pietà.
Non abbiamo la più pallida idea di dove siamo, di quanto manchi alla fine della salita.
Giungiamo in un paesino fantasma, non c'è anima viva in giro.
Legge di Murphy: 'Se qualcosa può andar male, lo farà.'

Ore 11.36 – Perneck, km. 85
Non poteva esserci momento migliore per forare.
Per fortuna c'è subito il ristoro, e la foratura è meno grave del previsto e con un gonfia&ripara risolviamo rapidamente il problema.
Problemi però che non sono finiti: c'è da affrontare il secondo strappo dei quattro che compongono la salita che ci riporterà in cima all'Hutteneckalm, già vista alle sette e mezza di mattina.

Ore 11.45 – Miniere di sale abbandonate, km. 87
La salita è asfaltata, ma talmente ripida che non si può far altro che salire a piedi, e pure a fatica visto che si scivola di continuo sul cemento bagnato. Sono chilometri che non vediamo anima viva, nemmeno ai bivi. Incrociamo lo sguardo con un compagno di (s)ventura: non servono parole, basta un'occhiata per capirsi e scoppiare in una risata amara e beffarda. Ma chi ce l'ha fatto fare? Perché siamo qui? Ma soprattutto, dove siamo? Sconforto, ecco quello che proviamo.

Ore 12.05 – Hinterrad, km. 89
Miracolo: il terzo strappo è quasi un falsopiano! Le gambe e soprattutto la testa riprendono vigore. Inizia però a gocciolare, speriamo bene.

Ore 12.30 – Tauernkreuzung, km. 95
Per la terza volta ritorniamo a questo ristoro. Non gocciola ma pioviggina. Il nostro obiettivo di fare mezza Salzkammergut è quasi completato, ancora l'ultimo strappo e poi è più o meno tutta discesa.

Ore 12.50 – Hutteneckalm, km. 96
Piove. Anzi, nevischia. Crolliamo psicologicamente. Gettiamo la spugna. L'unico sorriso ce lo strappano degli spettatori imbaccuccati e festaioli. E qualche pacca sulle spalle da parte dei biker dei percorsi più corti. Non vediamo l'ora di scendere a valle e scaldarci un po'. A inizio discesa qualcuno lungo la strada dice di conoscerci ma il cervello ormai non connette più. Unico task: tornare a casa.

Ore 13.05 – Predigstuhl, km. 100
Più o meno al cancello dei 100 chilometri, dove arriviamo con quaranta minuti di anticipo, inizia a diluviare (come del resto è abitudine qui nel Salzkammergut). Con calma ci mettiamo in assetto da pioggia e proseguiamo con cautela.

Ore 13.25 – Ewige Wand, km. 104
Passiamo per la seconda volta per la strada nella roccia, ora decisamente meno felici e brillanti. Senza occhiali e con la pioggia non si vede niente. Andiamo in crisi pure sui single track in discesa: la facciamo sporca e qualcuno lo evitiamo tagliando per la sterrata principale.

Ore 13.40 – Weissenbach, km. 109
Laddove inizia e finisce l'anello per Chorinskyklause, con una salita agevole e una discesa estrema, come previsto, alziamo bandiera bianca: 'Kaputt, leer'. Intirizziti, zuppi, sporchi e puzzolenti non siamo quasi neanche capace di scendere di bici. Il volontario al bivio sogghigna beffardo e ci obbliga pure all'umiliazione di toglierci da soli il chip. Bastardo.

Ore 13.45 – Weissenbach, km. 109
Salutato il volontario con una bella imprecazione in idioma veneto, arriviamo alla feed-zone. Ci rifocilliamo a dovere, senza fretta e riprendiamo la strada verso Bad Goisern tra gli sguardi tra il divertito e il rassegnato delle ragazze del ristoro: chissà quanto se la ridono a vedere questi deficienti massacrarsi le natiche con ore e ore di culo in sella e che, magari, si trovano costretti pure a cambiarsi e asciugarsi chiappe al vento.

Ore 14.05 – Bad Goisern
Facciamo gli abusivi e ci immettiamo nel percorso all'ultimo chilometro, tanto per tagliare il traguardo e farci fare due foto. Non mancano gli incitamenti, anche se di tono diverso rispetto alla mattina: ora sono decisamente più mesti e rassegnati, come a consolare per la missione fallita.

Ore 15.47 – Bad Goisern
Docciati e cambiati finalmente possiamo dedicarci a birra & wustel sotto al tendone. Nel frattempo lo speaker annuncia l'arrivo del primo 'numero rosso'. Ce ne freghiamo alla grande, ora abbiamo altro di ben più importante a cui pensare.

Il pomeriggio scorrerà scandito dalla pioggia, più o meno intensa ma comunque sempre presente. Per i 'numeri rossi' sopravvissuti il più è fatto, anche se i chilometri da pedalare sono ancora tanti verso Hallstatt e Gosau, con un lungo (ma per nulla banale) tratto pianeggiante sul lungo lago e poi su verso le miniere di Hallstatt e il famigerato muro del pianto, vero e proprio ago della bilancia della corsa. Da lì al traguardo mancheranno altre due salite, pedalabili ma per nulla semplici dati i tanti chilometri nelle gambe, e diverse larghe e comode sterrate in discesa.

Chi uscirà indenne anche dagli ultimi cancelli sarà accolto a Bad Goisern in maniera trionfale fino oltre le nove di sera: i 'numeri rossi' che portano a termine la missione, primi o ultimi poco importa, sono ammirati e rispettati come degli eroi.

Stefano De Marchi @ www.solobike.it
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