Ma che c’azzecca Venezia con la bici…. direte voi. Rii, rive e canali semmai si adattano meglio al pedalò, ma con la mountain bike dove vuoi andare… a Venezia?!?!?!
E invece… si può! Certo non è proprio semplicissimo, ma comunque molto più agevole di quanto si possa pensare. Non stiamo parlando di centro storico, ovviamente, ma di una parte di Venezia in parte dimenticata dal grande turismo di massa.
La meta è l’isola di Sant’Erasmo, la più grande della Laguna, situata a nord-est del centro storico e alle spalle del litorale di Cavallino-Treporti. Sicuramente i veneziani conosceranno le caratteristiche del luogo, ma la quasi totalità dei “foresti” probabilmente non saprà che sull’isola – conosciuta anche come “l’orto di Venezia – ci sono strade e ci gira pure qualche auto.
Dopo un bel po’ di tempo che l’avevo in programma, domenica scorsa mi decido e – con una mezza improvvisata – parto alla volta di Jesolo Paese da dove ha inizio il giro.
Lasciata l’auto nel vasto parcheggio di Piazzale Kennedy parto alla volta del fiume Sile, e una volta attraversato è sufficiente seguirne la sponda destra; dopo poco l’asfalto lascia il posto allo sterrato e ci si addentra in aperta campagna seguendo il corso d’acqua con ampie anse.
E invece… si può! Certo non è proprio semplicissimo, ma comunque molto più agevole di quanto si possa pensare. Non stiamo parlando di centro storico, ovviamente, ma di una parte di Venezia in parte dimenticata dal grande turismo di massa.
La meta è l’isola di Sant’Erasmo, la più grande della Laguna, situata a nord-est del centro storico e alle spalle del litorale di Cavallino-Treporti. Sicuramente i veneziani conosceranno le caratteristiche del luogo, ma la quasi totalità dei “foresti” probabilmente non saprà che sull’isola – conosciuta anche come “l’orto di Venezia – ci sono strade e ci gira pure qualche auto.
Dopo un bel po’ di tempo che l’avevo in programma, domenica scorsa mi decido e – con una mezza improvvisata – parto alla volta di Jesolo Paese da dove ha inizio il giro.
Lasciata l’auto nel vasto parcheggio di Piazzale Kennedy parto alla volta del fiume Sile, e una volta attraversato è sufficiente seguirne la sponda destra; dopo poco l’asfalto lascia il posto allo sterrato e ci si addentra in aperta campagna seguendo il corso d’acqua con ampie anse.
Lungo il fiume (che qui scorre nel vecchio alveo del Piave, dopo essere stato deviato fuori dalla Laguna dai Veneziani per evitarne l’insabbiamento) avvistare animali non è affatto difficile: in pochi minuti attraversano la strada lepri, germani, aironi, fagiani e anche quello che dovrebbe essere un falco di palude.
Dopo circa dieci chilometri di pedalata agevole una chiusa segnala l’ingresso nel territorio di Cavallino.
Dopo circa dieci chilometri di pedalata agevole una chiusa segnala l’ingresso nel territorio di Cavallino.
L’orientamento è piuttosto intuitivo e percorrendo le strade (deserte, vista la stagione) tra i cantieri navali e i primi alberghi e stabilimenti, giungo rapidamente alla spiaggia. Il faro del Cavallino segna l’inizio della lunga e per nulla semplice pedalata lungo il litorale.
Mi aspettano ora quasi 15 chilometri di spiaggia: devo dire che nonostante tanti anni di pedalate… questa ancora mi mancava!!!
All’inizio sembra semplice: basta pedalare sul bagnasciuga laddove il fondo è più compatto, lambendo l’acqua ma senza bagnarsi; la velocità non è molto sostenuta ma comunque accettabile. Fosse tutta così, non ci sarebbero problemi.
E invece, ogni 2-300 metri un molo interrompe la battigia costringendo ad avventurarsi tra la sabbia più soffice e ovviamente impedalabile: dopo 7-8 di questi ostacoli la fatica inizia a farsi sentire. Cerco allora altre soluzioni, primo fra tutti il classico marciapiede di cemento a fine spiaggia… ma qui non c’è! In compenso c’è un muretto inclinato fatto di grosse pietre irregolari la cui sommità è abbastanza lineare da poterci pedalarci sopra (per la gioia di forcella e ammortizzatore).
Qua e là però il muretto sparisce, e allora ecco la scoperta inaspettata: ampie fette di spiaggia, probabilmente toccate dall’alta marea o più esposte al vento, risultato battute come - se non addirittura meglio! - del bagnasciuga... e procedere in bici si fa più facile del previsto! L’unica cosa da stare attenti sono degli scalini più o meno alti che interrompono le dune, costringendo ad usare un minimo di tecnica per non fare un treessanta in avanti.
Per il resto, una volta capito il trucco, basta cercare le zone di sabbia di tonalità intermedia, né troppo chiara né troppo scura, passando da una zona all’altra cercando di perdere meno velocità possibile.
Nel frattempo, il cielo che alla partenza era poco nuvoloso, ora si è fatto minaccioso e un lampo con tuono annesso non promettono nulla di buono.
Nel finale, avvistato il faro di Punta Sabbioni in lontananza, i moli spariscono e posso concludere la traversata litoranea con due chilometri e mezzo a ridosso del mare… tra gli sguardi perplessi e straniti di alcuni patiti del mare d’inverno.
All’inizio sembra semplice: basta pedalare sul bagnasciuga laddove il fondo è più compatto, lambendo l’acqua ma senza bagnarsi; la velocità non è molto sostenuta ma comunque accettabile. Fosse tutta così, non ci sarebbero problemi.
E invece, ogni 2-300 metri un molo interrompe la battigia costringendo ad avventurarsi tra la sabbia più soffice e ovviamente impedalabile: dopo 7-8 di questi ostacoli la fatica inizia a farsi sentire. Cerco allora altre soluzioni, primo fra tutti il classico marciapiede di cemento a fine spiaggia… ma qui non c’è! In compenso c’è un muretto inclinato fatto di grosse pietre irregolari la cui sommità è abbastanza lineare da poterci pedalarci sopra (per la gioia di forcella e ammortizzatore).
Qua e là però il muretto sparisce, e allora ecco la scoperta inaspettata: ampie fette di spiaggia, probabilmente toccate dall’alta marea o più esposte al vento, risultato battute come - se non addirittura meglio! - del bagnasciuga... e procedere in bici si fa più facile del previsto! L’unica cosa da stare attenti sono degli scalini più o meno alti che interrompono le dune, costringendo ad usare un minimo di tecnica per non fare un treessanta in avanti.
Per il resto, una volta capito il trucco, basta cercare le zone di sabbia di tonalità intermedia, né troppo chiara né troppo scura, passando da una zona all’altra cercando di perdere meno velocità possibile.
Nel frattempo, il cielo che alla partenza era poco nuvoloso, ora si è fatto minaccioso e un lampo con tuono annesso non promettono nulla di buono.
Nel finale, avvistato il faro di Punta Sabbioni in lontananza, i moli spariscono e posso concludere la traversata litoranea con due chilometri e mezzo a ridosso del mare… tra gli sguardi perplessi e straniti di alcuni patiti del mare d’inverno.
A Punta Sabbioni inizia a cadere la pioggia, che mi accompagna nel tratto asfaltato a fino a Cà Savio e poi al terminal di Treporti, dove dovevo prendere il vaporetto per Sant’Erasmo. “Dovevo”, perché il tratto sulla spiaggia (che mi aspettavo più semplice) mi ha portato via più tempo del previsto facendomi così perdere la coincidenza per 15 minuti.
Pazienza… mi rifugio dentro al bar bagnato e infreddolito (e la signora mi guarda con compassione… ma faccio davvero così pena?!?!?), mangio e bevo qualcosa e, in attesa del vaporetto successivo, ne approfitto per qualche foto.
Pazienza… mi rifugio dentro al bar bagnato e infreddolito (e la signora mi guarda con compassione… ma faccio davvero così pena?!?!?), mangio e bevo qualcosa e, in attesa del vaporetto successivo, ne approfitto per qualche foto.
Finalmente arriva il vaporetto, Linea 13, e appena salito a bordo chiedo diligentemente al comandante di farmi il biglietto. Lui mi risponde che li ha finiti… quindi “mi tocca” viaggiare gratis. Bene, grazie ACTV!
Il viaggio dura solo pochi minuti , e l’idea di usare un motoscafo per fare un giro in bici è alquanto bizzarra…
Il viaggio dura solo pochi minuti , e l’idea di usare un motoscafo per fare un giro in bici è alquanto bizzarra…
Lo sbarco all’isola di S.Erasmo, presso Punta Vela, è accolto dal sole che è tornato a splendere e a scaldare l’aria. Di fronte all’isola si trova l’ameno isolotto di San Francesco del Deserto, e più dietro si scorgono le skyline di Burano, Mazzorbo e Torcello.
La direzione da intraprendere è molto intuitiva (c’è una sola strada…) e inizio il periplo antiorario dell’isola, lunga 5km e larga circa 500m.. Raggiungo ben presto il centro principale di S.Erasmo, dove si trovano chiesa, porticciolo e un bar, proseguendo poi verso l’estremità sud-ovest dell’isola percorrendo la stretta stradina tra campi e serre: l’isola vive infatti soprattutto di agricoltura e non a caso è nota anche come “orto di Venezia”.
Qui il turismo di massa sembra non essere ancora arrivato e si respira un’aria dismessa e solitaria come se il mondo si fosse dimenticato di questi luoghi così apparentemente isolati.
Nella punta estrema si arriva finalmente a scorgere il centro storico di Venezia, da cui svetta il campanile di San Marco, successivamente coperto dalle Vignole e dall’isola di Sant’Andrea Spostandosi poi sul lato opposto si S.Erasmo si incontrano l’unico hotel e uno dei due ristoranti presenti nell’isola, entrambi in prossimità della Torre Massimiliana, dalla caratteristica forma circolare e probabilmente la più importante testimonianza storica qui presente. Non approfondisco oltre, se siete curiosi date un’occhiata qui.
Il lato sud-est dell’isola è occupato prevalentemente da una stretta spiaggia lungo la quale, rialzato, corre un bellissimo single track sferzato dal vento.
Qui il turismo di massa sembra non essere ancora arrivato e si respira un’aria dismessa e solitaria come se il mondo si fosse dimenticato di questi luoghi così apparentemente isolati.
Nella punta estrema si arriva finalmente a scorgere il centro storico di Venezia, da cui svetta il campanile di San Marco, successivamente coperto dalle Vignole e dall’isola di Sant’Andrea Spostandosi poi sul lato opposto si S.Erasmo si incontrano l’unico hotel e uno dei due ristoranti presenti nell’isola, entrambi in prossimità della Torre Massimiliana, dalla caratteristica forma circolare e probabilmente la più importante testimonianza storica qui presente. Non approfondisco oltre, se siete curiosi date un’occhiata qui.
Il lato sud-est dell’isola è occupato prevalentemente da una stretta spiaggia lungo la quale, rialzato, corre un bellissimo single track sferzato dal vento.
Si raggiunge così la punta nord, entrando senza problemi in un cantiere abbandonato dal quale si ha finalmente una vista su Burano e Mazzorbo. Sembra tuttavia che il tempo stia ancora per cambiare.
Prima di rientrare a Punta Vela per prendere il vaporetto che mi riporterà a Treporti provo ad esplorare, un po’ a caso, le campagne circostanti scoprendo un breve ma bel sentiero che corre tra campi, argini, chiuse e laguna.
Ritornato all’imbarcadero attendo il vaporetto prendendo confidenza con l’innovazione tecnologica che ha cambiato la vita ai veneziani, creando gioie e dolori a milioni di turisti e non pochi problemi all’ACTV…. Il famigerato IMOB.
Ritornato all’imbarcadero attendo il vaporetto prendendo confidenza con l’innovazione tecnologica che ha cambiato la vita ai veneziani, creando gioie e dolori a milioni di turisti e non pochi problemi all’ACTV…. Il famigerato IMOB.
Il cielo si chiude nuovamente e inizia a gocciolare… per fortuna sono al coperto e il vaporetto arriva presto. Una volta a bordo, chiedo ancora una volta al comandante il biglietto: questo mi guarda… guarda la bici… guarda me… guarda la bici… guarda l’orologio… si gira, mette in moto e parte! Altro viaggio gratis… grazie ACTV!!!
Nei pochi minuti di navigazione il meteo cambia radicalmente: le nubi spariscono e in cielo splende nuovamente il sole e inizia a fare caldo, molto caldo.
Da Treporti ritorno a Cà Savio e da qui imbocco la provinciale che costeggia la laguna nord, incontrando strada facendo una vecchia torre e… un grande animale.
Nei pochi minuti di navigazione il meteo cambia radicalmente: le nubi spariscono e in cielo splende nuovamente il sole e inizia a fare caldo, molto caldo.
Da Treporti ritorno a Cà Savio e da qui imbocco la provinciale che costeggia la laguna nord, incontrando strada facendo una vecchia torre e… un grande animale.
Il percorso, identificato anche da un itinerario ciclabile, abbandona finalmente l’asfalto raggiungendo Cà Ballarin su una comoda sterrata immersa nel silenzio. Proseguendo lungo la laguna, il tratturo riporta alla chiusa già incontrata al mattino: per passare sull’altra sponda del Sile, però è necessaria una breve deviazione sul trafficato ponte stradale, riprendendo poi l’argine sud del fiume tra canneti e reti da pesca.
Il rientro a Jesolo è molto intuitivo (basta seguire l’argine) ma abbastanza difficile dato il forte vento contrario e il fondo poco battuto. Altri dieci chilometri e la gita finisce: arrivato a Jesolo la prima cosa che vedo è…. e non resisto. Ecco il risultato…
Racconto, foto e report a parte… se avete una domenica da perdere, andate a fare questo giro, ve lo consiglio vivamente: non è vera e propria MTB, ma comunque è un tour sicuramente originale e diverso dal solito. Certo ricordate a fine uscita di sciacquare un po' la bici... sabbia e salsedine non è che gli facciano proprio bene...
Da evitare comunque i mesi più caldi, visto che di ombra se ne trova poca e alcuni tratti (S.Erasmo e argine di ritorno a Jesolo) potrebbero essere invasi dalla vegetazione. Autunno e inverno potrebbero essere i periodi migliori, anche per vedere il mare e la laguna da un punto di vista diverso.
Per quanto riguarda la spiaggia, se proprio non ve la sentite di farvela tutta, potete sempre seguire le strade asfaltate interne al litorale.
Il trasbordo da/per S.Erasmo studiatelo bene: con la bella stagione ci sono dei servizi potenziati, mentre negli altri periodi dell’anno le bici possono essere trasportate ma in numero limitato (non più di 3-4 per viaggio) e comunque dando la precedenza ai passeggeri. Per orari e tariffe consultate www.actv.it o il call center Hello Venezia allo 041.24.24.
Il viaggio Treporti-Punta Vela dura 13 minuti; partenza da Treporti ai minuti 25 di ogni ora, da S.Erasmo ai minuti 12.
Se volete pranzare a S.Erasmo, ci sono due ristoranti: Tedeschi nei pressi della Torre Massmiliana, e Vignotto a circa metà isola, sul lato est. Se posso consigliare: evitate assolutamente il primo, decisamente meglio il secondo.
Da evitare comunque i mesi più caldi, visto che di ombra se ne trova poca e alcuni tratti (S.Erasmo e argine di ritorno a Jesolo) potrebbero essere invasi dalla vegetazione. Autunno e inverno potrebbero essere i periodi migliori, anche per vedere il mare e la laguna da un punto di vista diverso.
Per quanto riguarda la spiaggia, se proprio non ve la sentite di farvela tutta, potete sempre seguire le strade asfaltate interne al litorale.
Il trasbordo da/per S.Erasmo studiatelo bene: con la bella stagione ci sono dei servizi potenziati, mentre negli altri periodi dell’anno le bici possono essere trasportate ma in numero limitato (non più di 3-4 per viaggio) e comunque dando la precedenza ai passeggeri. Per orari e tariffe consultate www.actv.it o il call center Hello Venezia allo 041.24.24.
Il viaggio Treporti-Punta Vela dura 13 minuti; partenza da Treporti ai minuti 25 di ogni ora, da S.Erasmo ai minuti 12.
Se volete pranzare a S.Erasmo, ci sono due ristoranti: Tedeschi nei pressi della Torre Massmiliana, e Vignotto a circa metà isola, sul lato est. Se posso consigliare: evitate assolutamente il primo, decisamente meglio il secondo.