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Intervista per www.solobike.it

16/7/2011

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Intervista rilasciata a Max Alloi di www.solobike.it dopo il Campionato del Mondo Marathon 2011.

Da appassionato di sport non posso dimenticare la storica frase del mitico Dan Peterson: “mmm...per me numero uno!”. Lo staff Pedali di Marca ha di certo confermato di essere il numero uno, pienamente all'altezza di un Mondiale che ha ricevuto tanti consensi e tutti positivi. Una macchina perfetta, oliata in ogni meccanismo e rafforzata nel corso degli anni. Una macchina del quale abbiamo voluto scoprire di più facendo quattro chiacchiere con uno degli ingranaggi, il “nostro inviato” Stefano De Marchi. Per un omaggio a tutto lo staff di Pedali di Marca, fondamentale in ogni suo componente e per cercare di carpire qualche segreto per il futuro, perché il Mondiale non può e non deve essere un punto di arrivo.

Solobike.it: Ciao Stefano, passata la “bufera” cosa ti è rimasto di questo Mondiale?

Stefano De Marchi: Mi è rimasta la soddisfazione di poter dire “Io c'ero”. C'ero al Mondiale di Montebelluna, quello che verrà ricordato come il più grande di sempre. Più grande - come sostiene Christoph Sauser nel suo blog - addirittura di alcuni Mondiali Cross Country: e questo Mondiale Marathon, IL Mondiale per eccellenza, l'ho organizzato anch'io e ho contribuito con tante altre persone a farlo grande. Esserci stati a Montebelluna deve essere motivo d'orgoglio e di vanto.
E' stata infatti un'esperienza incredibile ed indimenticabile: Sport e MTB 24 ore su 24, dalla mattina alla sera, condividendo la passione per le due ruote con tanti amici vecchi e nuovi, con cui ho lavorato e vissuto fianco a fianco per quattro lunghi giorni.
Mi resteranno comunque anche i tanti “fuori programma” che un mondiale riserva, da Julien Absalon che implora di accompagnarlo in albergo (e che risate lungo la strada!) ai team tedeschi che ogni occasione è buone per festeggiare, dai norvegesi che si perdono per il Montello e chiedono di andarli a recuperare fino ai tanti nuovi amici un po' da tutto il mondo conosciuti nei giorni di gara.
Insomma, organizzare un Mondiale è anche e soprattutto un divertimento!

Solobike.it: Un divertimento, ma anche un grande lavoro di preparazione che è durato anni, perché per arrivare dove è arrivata Pedali di Marca non si inventa niente e non si deve lasciare niente al caso...

Stefano De Marchi: Sì, quando tutti in Pedali di Marca ricevemmo quell'sms “Siamo... Mondiali!” il 2011 sembrava lontano una vita. Eppure, tre anni dopo, sembra sia successo ieri. in questi tre anni abbiamo lavorato sodo, imparando dai nostri errori e cercando sempre di migliorare e proporre qualcosa di nuovo e diverso al biker, sia esso amatore o elite. Volevamo differenziarci dalla marea di eventi che affollano il calendario e ci siamo riusciti. Per arrivare a questo abbiamo girato l'Europa per studiare i più importanti eventi europei, per carpirne i segreti del successo e allo stesso tempo evitarne i difetti. Non so quanti organizzatori facciano lo stesso...

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Solobike.it: Quali sono i momenti che personalmente ti rimarranno impressi a vita nel cuore?

Stefano De Marchi: Sicuramente il tripudio della folla all'arrivo del Mondiale: un'emozione incredibile, mai vista una cosa del genere in dodici anni di MTB. E poi la determinazione con cui tutto lo staff ha operato per quattro giorni: encomiabili. Ah, sì... e anche la festa del post-gara con i norvegesi del Team Nordsjorittet (sì ho avuto anche il tempo di festeggiare!): quando hanno ricevuto la Coppa per i vincitori del Mundialito a squadre sono letteralmente impazziti!

Solobike.it: Quali invece i momenti difficili?

Stefano De Marchi: Anno dopo anno abbiamo imparato dai nostri errori, rivedendo l'organizzazione interna e la gestione del lavoro in modo da poter svolgere ognuno le proprie mansioni nel migliore dei modi. Però, quando l'evento inizia a farsi importante entrano in gioco elementi con cui mai e poi mai avremmo pensato di dover avere a che fare: per quel che mi riguarda, le richieste pressanti dell'UCI, la gestione di una sala stampa con decine di giornalisti da ogni parte del mondo, le esigenze tecnologiche e logistiche della produzione televisiva, le riprese dall'elicottero che su un territorio come il Montello sono tutt'altro che semplici.
Sono state tutte situazioni non semplici da gestire, alcune emerse improvvise e inaspettate, talvolta a causa di dettagli sottovalutati: certo, un po' di panico iniziale c'era sempre, ma poi tutto si è sempre risolto per il meglio. E per la prossima volta, ne sono certo, avremo già il bagaglio d'esperienza necessario per non imbatterci più negli stessi problemi.
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Solobike.it: Prossima volta? Allora le parole di “addio” di Massimo Panighel non sono reali? Sarebbe veramente una grande perdita...

Stefano De Marchi: Panighel non ha mai detto che dà l'addio alla MTB. Ha solo detto che si dimette da Presidente di Pedali di Marca.... siete voi giornalisti che capite quello che volete. Le idee per il futuro non mancano, ne abbiamo tante: abbiamo in mano una professionalità, una capacità organizzativa e una potenzialità tali per cui possiamo fare ancora molto. Sono certo che abbiamo ancora margini di crescita rispetto a quanto visto a Montebelluna.
Ricordiamo però che Pedali di Marca è fatta da volontari, non da professionisti e come tali non siamo tenuti a continuare a tutti i costi.

Solobike.it: Certo che no. Mica è un obbligo, ci mancherebbe. Ma delle idee si può sapere qualcosa o è tutto top secret?

Stefano De Marchi:
Top secret. Sono rumors e come tali lasciano il tempo che trovano... però un po' di fondatezza ce l'hanno. Abbiamo comunque un paio di progetti nel cassetto... solo sulla carta, ma comunque in linea di massima già concepiti. E poi qua e la diversi contatti ci chiedono collaborazione. La fantasia e il saper sognare comunque non ci manca: dovete solo sperare che Panighel non si dimetta, perché se si dimette... il suo più probabile successore è ancora più pazzo!

Solobike.it: Cioe?

Stefano De Marchi: Cioè ha già pronto il programma eventi firmati Pedali di Marca da qua al 2016....
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Solobike.it: Cosa è per Stefano De Marchi la MTB?

Stefano De Marchi: La MTB è un fondamentalmente un mezzo che ti consente di vivere delle esperienze, delle emozioni, delle amicizie e condividere tutto questo con altre persone accomunate dalla tua stessa passione. La MTB è divertimento, svago, avventura, aggregazione, vacanza, turismo, scoperta, festa.
Relegarla al solo aspetto sportivo è riduttivo e deleterio per la crescita del movimento: mai i giovani, il gentil sesso o il grande pubblico si avvicineranno alla MTB se questa viene proposta solo e soltanto come occasione di confronto agonistico.

Solobike.it: In tanti anni hai avuto occasione di conoscere tanti personaggi. Dimmene due che per motivi diversi ti hanno colpito ed affascinato...

Stefano De Marchi: Potrei citare alcuni dei grandi campioni con cui ho avuto modo di entrare in contatto, da Gunn Rita Dahle che mi scrive chiedendomi se ho bisogno di aiuto per il mio soggiorno in Norvegia, ai tedeschi del Team Bulls che non perdono occasione per far festa, a Julien Absalon che mi carica in camper e mi chiede di accompagnare lui e la sua famiglia in albergo.
Sarebbe però troppo scontato. Le vere sorprese arrivano spesso da chi lavora “dietro le quinte” del nostro sport, spesso e volentieri dei perfetti sconosciuti.

Herr Klaus Bouillon. E' una delle persone che più ha colpito in positivo sia me che tutto lo staff di Pedali di Marca. Il signor Bouillon è il sindaco di Sankt Wendel, la cittadina tedesca che ha ospitato i Mondiali Marathon 2010 e i Mondiali Ciclocross 2011. E' in carica da circa vent'anni, e non è difficile capire il perché: propositivo, dinamico, fa di tutto per creare attrattive e interesse per la propria città, ed è grazie a lui se Sankt Wendel è diventata una delle città tedesche con la più alta qualità della vita. E' il primo responsabile e promotore di tutti gli eventi, soprattutto sportivi, che si svolgono in città: Coppe del Mondo di rally e supermotard, gare ciclistiche, maratone, arrivi del Tour de France. Si avvale di uno staff di dipendenti comunali dediti esclusivamente all'organizzazione eventi. Credo sia un modello da imitare per molti, anzi moltissimi politici nostrani. ESEMPLARE.

Ingrid Pallhuber. Sì, “quei” Pallhuber. Un'amica più che una collaboratrice, il suo contributo alla causa Mondiale è stato quanto mai essenziale: traduttrice e interprete (nessuno sa bene quante lingue parli, se quattro, cinque o sei...), profonda conoscitrice del mondo MTB e dei suoi principali attori sia italiani che esteri, in contatto con tutti i big, professionale e sempre pronta ad aiutare in maniera discreta, dispensatrice di consigli e di nuove idee, dotata di calma e di pazienza infinite. Sicuramente un valore aggiunto che, quando l'organizzazione è al top, sa fare la differenza. PREZIOSA.

Solobike.it: Due parole su Massimo Panighel e più di due parole su Pedali di Marca e sui personaggi che ne fanno parte.

Stefano De Marchi: Panighel. Instancabile e mai domo, se ne inventa sempre una dietro l'altra, al punto che anche noi in Pedali di Marca fatichiamo a stargli dietro. Ecco, se proprio devo trovargli un difetto, con tante cose da fare, alcune non riusciamo a valorizzarle al massimo come meriterebbero. Ma d'altronde, come tutti nel gruppo, lo fa prima di tutto per passione e divertimento.
Sui personaggi che fanno parte di Pedali di Marca si potrebbe scrivere un libro: se dovesse capitarvi di prendere parte a una delle nostre riunioni, dubitereste che queste persone hanno saputo realizzare un Campionato del Mondo. Perché Pedali di Marca è prima di tutto un gruppo di amici, che si prendono poco sul serio e vogliono prima di tutto divertirsi: lo sfottò e l'autoironia sono parte integrante del gruppo. Ma da buoni trevigiani, rispecchiando in pieno lo stereotipo del veneto lavoratore stakanovista che fa da sé, quando è ora di darsi da fare non si tirano mai indietro: nel gruppo ci sono persone dotate di professionalità altamente specializzate, artigiani, elettricisti, carpentieri, tecnici, ecc... che mettono le proprie capacità a disposizione della causa Pedali di Marca, ognuno per il settore di propria competenza. Il grande spirito di gruppo che si è creato, poi, genera una motivazione tale che quando l'obiettivo è fissato, nulla può fermarli dal raggiungerlo.

Solobike.it: Cosa vedi nel tuo futuro e in quello dei Pedali di Marca?

Stefano De Marchi: Nel mio futuro sicuramente ancora tanta e tanta mountain bike, non importa se pedalata o organizzata. Perché l'avventura più bella, in mountain bike, è sempre la prossima!
Nel futuro di Pedali di Marca c'è sicuramente qualcosa, cosa di preciso ancora non si sa. Il nostro potenziale l'abbiamo dimostrato, ora tocca ad altri valorizzarlo. Paradossalmente, il futuro di Pedali di Marca non dipende da Pedali di Marca.

Solobike.it: Grazie Stefano, per regalarci sempre tante emozioni, come componente di Pedali di Marca e come biker, con i sempre puntuali report dalle gare.

Stefano De Marchi: Grazie a te e grazie a Solobike per l'interesse sempre costante al “cosa c'è sotto” del fare mountain bike, sia esso pedalato, organizzato o amministrato.
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Salzkammergut Trophy 2011 - Bad Goisern (AUT)

16/7/2011

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La Salzkammergut o la ami o la odi, non ci sono vie di mezzo. Ti seduce e ti ammalia con il suo blasone, ma poi ti bastona. E' una tentatrice spietata che si lascia sfidare, ma che difficilmente si fa domare. Si presenta deliziosa, ma si rivela tremenda, talvolta terrificante.

La Salzkammergut Trophy, diciamocelo, mette in soggezione. Anche solo da quel nome impronunciabile che trasmette asprezza e rigore: più o meno significa 'di proprietà dell'ufficio del sale' (dell'Impero Austroungarico) e rappresenta uno dei territori più importanti dal punto di vista storico e culturale dell'Austria.

A circa sessanta chilometri a sud di Salisburgo, laddove il ghiacciaio del Dachstein si tuffa direttamente nelle verdi acque del lago di Hallstatt, l'attività umana è documentata da almeno 7000 anni, quanto basta per fare del Salzkammergut un Patrimonio Culturale dell'Umanità UNESCO: un territorio un tempo isolato e inospitale dove però il salgemma, presente in grandi quantità nelle montagne circostanti, ha influenzato per millenni la vita, i commerci e i mercati di mezza Europa. Proprio Hallstatt, la cittadina da cartolina incastonata tra l'acqua e la roccia, è ormai famosa in tutto il mondo per ospitare la miniere di sale più antiche del mondo.

All'altro capo della valle, Bad Ischl è il maggiore centro della valle: cittadina termale, è celebre per essere stata la residenza estiva dell'Imperatore Francesco Giuseppe.

A metà strada tra Hallstatt e Bad Ischl si trova Bad Goisern: un paesetto piccolo e anonimo che ogni terzo weekend di luglio diventa un vero e proprio melting pot della mountain bike. La relativa vicinanza con diversi paesi Europei (Germania, Italia, Ungheria, Slovenia, Repubbliche Ceca e Slovacca), unita alla fama e al fascino dell'evento, fanno del Salzkammergut Trophy il più importante evento mitteleuropeo: sono oltre quattromila gli iscritti, provenienti da ogni parte d'Europa e del Mondo, che si cimentano sui ben sei percorsi a disposizione.

Proviamo ora ad analizzare, in maniera un po' semiseria, tutto l'evento dalla A alla Z:

A-STRECKE
E' il percorso più lungo, 211,3 chilometri per 7049 metri di dislivello (6500 effettivi) che rappresentano una delle prove più estreme sulla faccia della terra. Già la partenza, al buio delle cinque del mattino tra due ali di folla, vale da sola il prezzo del biglietto: chi porta il 'numero rosso' a Bad Goisern e dintorni è visto come un eroe, o un pazzo a seconda dei casi.
Il percorso non è per tutti: con salite impervie e discese al limite della ciclabilità rischia di diventare un lungo calvario. Per le persone normali si tratta solo di puro autolesionismo che va ben oltre il mero spirito di sfida con sé stesso. Come disse Boardman della Parigi-Roubaix: 'It's a circus, and I don't want to be one of the clown'.

B-BIRRA
A fiumi, prima dopo e durante. Prevedibile.

C-CRISI
Sembrano sentirla anche alla Salzkammergut. Fino a qualche anno fa era un vero e proprio happening con dirette live, reportage video, copertura mediatica. Oggi è una manifestazione sicuramente di riferimento, ma senza quel valore aggiunto da 'grande evento' che il blasone farebbe supporre.

D-DACHSTEIN
E' il ghiacciaio che domina la vallata, ma non si capisce bene dove sia. In cima alla prima salita dei 120 e 211 chilometri appare d'incanto dall'altra parte della valle, maestoso e imponente. Poi sparisce di nuovo, per ricomparire verso fine gara proprio sopra la testa dei biker. E' però da vedere chi ha ancora la forza per alzarla.

E-EWIGE WAND
Il passaggio simbolo del Salzkammergut Trophy, scavato direttamente nella roccia: niente di più di due buie gallerie e una terrazza panoramica affacciata su Bad Goisern, ma talmente suggestivo che fa venir voglia di girare la bici e rifarlo un'altra volta.
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F-FISCHER, GARY
Si, c'era anche lui. Solo a vederlo si capisce che non è una persona normale: è un pazzo creativo dotato di ingegno e fantasia fuori dal comune. Un genio. Stravagante e geniale, eccentrico. Solo uno così poteva inventarsi la mountain bike. Per la cronaca, ha corso sui 120 chilometri con una Trak-Fisher 29' biammortizzata impiegandoci circa otto ore e mezza.

G-GITA

Andare fin lassù solo per pedalare è uno spreco di tempo e di denaro. Le opportunità di svago non mancano, come ad esempio la visita alle miniere di Hallstatt. Salita in funicolare panoramica, breve passeggiata a piedi, poi l'ingresso nel Salzwelten (mondo di sale) per un'esperienza a metà tra la didattica e il divertimento: scivoli in legno, spettacoli di luci, video, trenini sotterranei, animatronic. Sembra quasi di essere a Gardaland. Irrinunciabile.

H-HALLSTATT
E' la continuazione naturale della 'G-GITA'. Ridiscesi a valle non si può non visitare la chicca del lago omonimo: un paese incastrato tra il verde dell'acqua e il grigio della roccia, talmente bello che i cinesi starebbero pensando di copiarlo.

I-INCROCI
Incredibile ma vero: in diversi incroci non c'era alcun tipo di vigilanza. Passino i bivi sulle strade in quota (bastano le frecce), ma quando la ciclabile attraversa dritto per dritto la strada principale un brivido corre lungo la schiena. Gli automobilisti austriaci saranno anche disciplinati, ma certe cose non ce le saremmo aspettate. Una cosa del genere in Italia sarebbe il preludio di una carneficina.

L-LUCI
Rigorosamente rosse, rigorosamente posteriori. Più di qualcuno dell'A-Strecke le aveva montate prevedendo un arrivo al calare delle tenebre; e in effetti verso le nove di sera tra gli ultimi ad arrivare non ce n'era uno che ne fosse sprovvisto.

M-METEO
La vera incognita del Salzkammergut. Se piove il più delle volte diluvia, se splende il sole possono esserci fino a quaranta gradi, e la neve fa spesso visita anche in estate. Nel 2009 nevicò, nel 2010 il caldo torrido del mattino lasciò il posto a ore di pioggia torrenziale nel pomeriggio, nel 2011 invece è andata piuttosto bene. E considerando le difficoltà del percorso, i veterani del Salzkammergut sanno che se piove tanto vale stare a letto...
N-NECROPOLI
E' una tappa della 'G-GITA' nella passeggiata di avvicinamento alle miniere del Salzwelten. Dicono risalga a 7000 anni fa, ma anche in epoche più recenti ci hanno seppellito i morti delle miniere. E i più maligni sostengono ci sia finito pure qualche concorrente dell'A-Strecke dopo aver visto il Muro del Pianto (vedi 'Q-QUINDICI').

O-OUTDOOR
Il vero spirito sportivo austriaco. Aria aperta, natura, attività fisica, divertimento. A piedi, in bicicletta, in barca, in canoa, in monociclo, con i pattini. Aggregazione, divertimento, svago, turismo. Questa è la maniera con cui da queste parti - e non solo qui - vedono lo sport: non agonismo ma benessere fisico e mentale, pure in gara. Alla faccia degli italioti che fanno a botte per una classifica sbagliata.

P-PERCORSO
Di difficile interpretazione: le salite sono tutte piuttosto pedalabili (ad eccezione del Muro del Pianto, vedi 'Q-QUINDICI'), ma le discese sono abbastanza cattive soprattutto nei percorsi più brevi. Il fondo è sassoso, e in diversi passaggi le pietre sembrano essere messe lì apposta per rendere l'incedere più difficoltoso. C'è solo da sperare che non piova.
Particolarmente sadico il tracciatore, un tipo che solo a vederlo dà l'idea di un selvaggio, che ha la mania di tagliare i tornanti per sentieri scoscesi, pericolosi e al limite della ciclabilità.
Il finale dei due percorsi più lunghi non riserva comunque grandi difficoltà tecniche, anche perché dopo sette, dieci o più ore in bici basta poco per ammazzarsi.

Q-QUINDICI
Per cento. Come la pendenza media della salita delle miniere di Hallstatt. Poco meno di due chilometri stretti e tortuosi nel bosco fino alla stazione a monte della funicolare. Quando il peggio sembra passato appare poi il famigerato 'Muro del Pianto' della N-NECROPOLI: un chilometro e mezzo di asfalto al venti per cento, con punte fino al trentacinque. Una salita insulsa e improbabile che in tantissimi, quasi tutti, affrontano a piedi smadonnando e inveendo contro quel sadico del tracciatore. Inutile.

R-RISTORI
Numerosi e ben distribuiti. Forniti di ogni ben di Dio, dai panini ai dolci fino al formaggio passando per le belle ragazze. Non manca la Red Bull, a litri, unica arma per rinvenire chi, dopo ore e ore di culo in sella, non sa neanche più come si chiama.

S-SLOW MOTION
Da anni ormai la classifica a squadre del Salzkammergut Trophy viene stilata in maniera piuttosto curiosa, facendo la somma dei tempi impiegati da ognuno dei membri del team. Più numerosi sono i biker, più lungo è il percorso affrontato e più alto è il tempo impiegato, maggiore è la probabilità di vittoria. A vincere quest'anno è stato un gruppo di ottantotto slovacchi: il loro tempo è stato di 25 giorni 2 ore 41 minuti e 22 secondi.

T-T-SHIRT
Viola, rossa, verde o nera, costituiva il pacco gara insieme a un po' omaggi degli sponsor e di qualche integratore. Da ritirare a fine gara, quella nera era la più ambita e destinata solo ai finisher dei 211 chilometri. Se proprio c'è da guardare il pelo nell'uovo, la 'C-CRISI' si è sentita anche qua, visto che fino a qualche anno fa la fattura delle magliette era decisamente migliore.

U-UFFICIO GARA
Piccolo, caotico, chiassoso. Quattro piccole aule e tre stretti corridoi, con temperature tropicali e con quattromila persone a passar di lì: non è proprio il massimo. Il ritiro del numero è comunque rapido e veloce, ma per ogni altra esigenza... una lunga coda vi aspetta all'help desk.

V-VELOCITA'
Pazzesche quelle raggiunte un po' ovunque nei tratti scorrevoli delle discese, quando il fondo largo e compatto permetteva di lasciar correre la bici. Sessanta, settanta, ottanta all'ora e oltre. Da queste parti non ci sono vie di mezzo: in discesa o si va a piedi, o si sfreccia come pazzi.

Z-ZUSCHAUER
Che starebbe per 'Spettatori'. Tanti a ogni ora del giorno, dalle cinque del mattino alle nove di sera. Calorosi e coinvolgenti, non facevano mai mancare incoraggiamenti e applausi. Sicuramente uno dei punti di forza dell'evento, sentito dal territorio e ben visto dalla popolazione locale. Da segnalare i tipi vestiti da Village People, la vecchina dell'acqua sempre pronta per il rifornimento, il bar con speaker a Hallstatt, e le maliziose ragazze nel fiume che lanciavano inequivocabili inviti. Segnalato/a pure qualche ciclista in tenuta adamitica.

Stefano De Marchi - http://www.solobike.it/

Sito internet: http://www.trophy.at/
Informazioni in italiano: www.bikeandmore.it
Fotogallery:
http://www.sportograf.com/bestof/1008/index.html
http://nyx.at/bikeboard/Board/showthread.php?149317-Salzkammergut-Trophy-2011-Bildbericht
https://picasaweb.google.com/Knolle00/SalzkammergutTrophy
https://picasaweb.google.com/the.mtb.biker/SalzkammergutTrophy2011
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Kitz Alp Bike 2011 - Kirchberg [AUT]

3/7/2011

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Kitzbuehel, Titolo, Austria. La mente va subito al freddo, alla neve, allo sci, alle decine di migliaia di sciatori che ogni inverno affollano le Kitzbueheler Alpen, uno dei comprensori più grandi d'Europa che ha fatto della Streif un simbolo degli sport invernali; sulla pista più difficile e impegnativa del circo bianco, giù dall'Hahnenkamm passando per la Mausefalle e la Steilhang, si è scritta la storia dello sci alpino.
D'estate, quando la neve lascia il posto ai verdi prati, tutto il comprensorio cambia faccia votandosi interamente alla mountain bike, mettendo a disposizione del biker decine di impianti di risalita e oltre mille chilometri di percorsi segnalati, creando un'offerta diversificata che spazia dai bike park per i più piccoli fino a alle bici elettriche per i meno allenati.

Il risultato è evidente: ovunque si vada, dalle parti di Kitzbuehel, la bicicletta è una presenza costante.

In questo contesto, la settimana scorsa, è andata in scena la sedicesima edizione del Kitz Alp Bike Festival: la cittadina di Kirchberg, pochi chilometri a ovest di Kitzbuehel, ha ospitato una cinque giorni interamente dedicata alla mountain bike con gare in salita, cross country, dirt contest, gare e bike school per i più piccoli, concludendosi domenica con la famosa Kitz Alp Bike Marathon, già all'interno di numerosi circuiti austriaci e prima prova del neonato UCI Marathon World Series per le qualificazioni ai Mondiali Marathon 2012.

Circa 800 gli iscritti complessivi arrivati da tutta Europa, distribuiti sui quattro percorsi disponibili: il Light da 15 chilometri e 600 metri di dislivello, il Medium (35km/1300m), l'Extreme (56km/2600m) e il nuovo e durissimo Ultra di 95km e 4400 metri di dislivello, sul quale si svolgerà il Campionato del Mondo Marathon 2013.

La sede logistica della gara era concentrata nel parcheggio della funivia della Fleckalmbahn, a ridosso delle piste da freeride della Bike Academy, e comprendeva una piccola area expo, la segreteria di gara e la zona arrivo. Docce e lavaggio bici, che come vedremo saranno quanto mai indispensabili, erano dislocate a poche decine di metri.

La partenza della marathon avveniva a due chilometri di distanza, dal centro di Kirchberg, sotto un cielo coperto che accompagnerà tutto lo svolgersi della gara, senza comunque quella pioggia che è caduta sporadica nei giorni precedenti, anche sottoforma di nevischio alle quote più alte.

Alle ore 8.00 una mass-start unica per tutti i percorsi (ad eccezione del Light che partirà un'ora più tardi) dà il via alla gara. I primi chilometri si snodano frenetici sulle ciclabili di fondovalle verso Brixen, poi ha inizio la prima salita di giornata.

Nove chilometri di salita, pendenza media 11%: un'ascesa lunga e costante, a tratti noiosa finché non si esce dal bosco e la vista può quindi spaziare sulle vette circostanti. Gli ultimi cinquecento metri sono sicuramente i più ostici, da percorrere su un ripidissimo prato fino a raggiungere gli impianti di Choralpe dove una schiera folta e rumorosa di spettatori incita tutti indistintamente, soprattutto chi riesce a scollinare in sella.

Dopo il ristoro, una breve discesa, e una piccola risalita fino all'incantevole Lago Kreuzjochl, ha finalmente inizio la picchiata: compatta, larga e velocissima, da sessanta all'ora e oltre, gioca comunque qualche brutto scherzo a più di qualcuno, visto che l'elicottero continua a planare più e più volte in soccorso di biker caduti. Non mancano poi i single track: nella parte bassa il percorso entra nel bosco affrontando alcuni passaggi tecnici e divertenti, ma mai troppo impegnativi.

Dal fondovalle si rientra verso Kirchberg e la zona arrivo (conclusione del percorso Medium), da cui ha inizio la seconda salita di giornata: per metà asfaltata e metà sterrata, con pendenze sempre pedalabili ad eccezione di un breve tratto più ripido, conduce in otto km ai 1723 metri dell'Hahnenkamm, fin quasi alla stazione a monte della funivia.

Sulla sinistra inizia la mitica Streif, ma il percorso prosegue in discesa giù per un altro versante, per altre veloci mulattiere e poi per il temibile Ehrenbachtrail, invaso dal fango e dall'acqua, fino all'imbocco della terza salita.

La salita conta solo trecento metri di dislivello, abbastanza facili, fino a incrociare di nuovo la Streif al bivio tra i percorsi Extreme e Ultra: giunti fin qui ci si può accontentare della fatica fatta, dirigendosi verso l'arrivo. L'ultima discesa è divertente, varia, tecnica, alterna tratti sterrati a sentieri, single track fangosi a mulattiere, compresa una adrenalinica picchiata sui prati delle piste da sci e una conclusione in bellezza sui tracciati da freeride a ridosso dell'arrivo, con il supporto del pubblico direttamente proporzionale alla velocità con cui si affrontano salti e paraboliche. Arrivare puliti alla fine della Kitz è praticamente impossibile, e anche quest'anno al traguardo bici e biker sono coperti dal fango raccolto nelle discese in single track.

Chi invece vuole continuare a soffrire può trovare pane per i propri denti sul percorso Ultra, che dal bivio si butta direttamente sulla mitica Streif, ma al contrario: una salita disumana su per le curve in contropendenza della Steilhang, su un sentiero talmente ripido da essere dotato di scalini. Almeno 400 metri a piedi fin sotto la Mausefalle, la terribile 'trappola per topi', un muro verticale di 80 metri diventato l'emblema della Streif e di Kitzbuehel: il percorso in realtà sale per una mulattiera, finalmente di nuovo ciclabile, aggirando la Mausefalle e affrontandone solo la parte sommitale più 'facile', comunque quasi impossibile da fare in sella.

Dalla Mausefalle si torna nuovamente sulla vetta dell'Hahnenkamm, continuando ancora fino ai 1930 m del Pengelstein. Terza discesa, facile ma lunghissima (circa venti chilometri), e poi l'ultima salita, di nuovo all'Hahnenkamm. Altri nove chilometri, altri novecento metri di dislivello. In vetta si passa per la terza volta nello stesso punto e nonostante i cartelli, gli incroci, i ponti artificiali e le indicazioni degli addetti non è semplice capire la direzione da prendere.

La discesa è semplice, ripercorrendo a ritroso parte della terza salita, tornando al bivio del percorso Extreme e dirigendosi poi verso il traguardo sui sentieri più tecnici di cui già abbiamo parlato.

Basta un dato per capire la difficoltà della prova, l'austriaco Alban Lakata vincitore in 4 ore 36 minuti, ha coperto i 95 chilometri del percorso Ultra a una velocità di poco superiore ai venti chilometri orari.

Nel complesso è un percorso tecnicamente non troppo difficile, fatta eccezione per alcuni single track resi insidiosi dal fango, ma che - nella sua versione Ultra - può essere considerato brutale per l'altimetria: quattro salite e quattro discese, ognuna da non meno di nove chilometri e 800 metri di dislivello. Più abbordabili e 'umani' invece i percorsi più corti.

Grandiosi i panorami ammirabili dall'Hahnenkamm sulle Kitzbueheler Alpen: una vista a 360° che ripaga ampiamente degli sforzi profusi per raggiungere la vetta.

Ottimi i ristori con Coca Cola, dolci, barrette, Red Bull, acqua, sali e frutta a disposizione dei biker, come ottima la loro dislocazione sul percorso (all'inizio e alla fine di ogni salita).

L'iscrizione è in linea con la media austriaca (40€), mentre il pacco gara comprendeva un borsello sottosella Vaude e un flacone di olio spray; nel dopo gara un pasta party 'classico' con pasta e bibita.

La Kitz Alp Bike, con il suo festival e i suoi eventi collaterali, è sicuramente uno degli eventi che non possono mancare nel curriculum di un biker: a sole due ore e mezza dal confine italiano, può essere l'occasione per scoprire un luogo simbolo dello sci che d'estate diventa un vero e proprio paradiso delle due ruote. Le attenzioni riservate alla cura del paesaggio e dell'ambiente, dei percorsi e della segnaletica, denotano una valorizzazione del territorio e dello sport come solo gli austriaci sanno fare, e dai quali si può solo che imparare.

Stefano De Marchi - www.solobike.it

Sito internet: www.kitzalpbike.at

Informazioni in italiano: www.bikeandmore.it

Fotogallery:
http://www.sportograf.com/bestof/1014/
http://magazin.radsportland.at/fotos.php?id=108  
http://nyx.at/bikeboard/Board/showthread.php?148614-Kitzalpbike-2011-Bildbericht
http://picasaweb.google.com/the.mtb.biker/KitzAlpBike

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