Piana degli Albanesi - Corleone (65km. / 1300m. disl.)
La seconda tappa inizia all’insegna del cielo coperto e del forte vento, con a tratti pure una leggera pioggerellina. Decidiamo ugualmente di partire: lasciata Piana degli Albanesi saliamo sulle alture che la separano da Santa Cristina Gela, dove però la pioggia si fa più incessante. Basta comunque il tempo di una pausa caffè al bar che il sole torna a splendere accompagnandoci poi per tutta la giornata.
Dopo aver percorso a ritroso un tratto già affrontato il giorno precedente scendiamo per suggestive mulattiere in un ambiente quasi lunare, tra una brulla vegetazione e conformazioni rocciose alquanto bizzarre.
La seconda tappa inizia all’insegna del cielo coperto e del forte vento, con a tratti pure una leggera pioggerellina. Decidiamo ugualmente di partire: lasciata Piana degli Albanesi saliamo sulle alture che la separano da Santa Cristina Gela, dove però la pioggia si fa più incessante. Basta comunque il tempo di una pausa caffè al bar che il sole torna a splendere accompagnandoci poi per tutta la giornata.
Dopo aver percorso a ritroso un tratto già affrontato il giorno precedente scendiamo per suggestive mulattiere in un ambiente quasi lunare, tra una brulla vegetazione e conformazioni rocciose alquanto bizzarre.
La discesa continua serpeggiando tra le piante di fichi d’India fino al ponte sul fiume Eleuterio, dove approcciamo la salita di Marineo: le agevoli pendenze della strada asfaltata permettono di arrivare con facilità al borgo arroccato alle falde dell’omonima Rocca, la cui mole incombe sugli stretti e ripidi vicoli cittadini. L’ascesa continua ancora verso il Bosco della Ficuzza, importante riserva naturale che raggiungiamo al termine di un difficile sentiero reso in gran parte impedalabile dalle forti piogge dei giorni precedenti; giunti nel cuore della riserva, attraversiamo la foresta su larghe mulattiere scendendo verso Ficuzza.
Prima di scende in città, però, effettuiamo una breve deviazione fino al Pulpito del Re, una sorta di trono scolpito sulla roccia, risalente ai primi anni dell’ottocento e usato dal Re Ferdinando IV di Borbone come punto di osservazione per le sue battute di caccia.
Il percorso si fa ora molto facile e piacevole, perdendo gradualmente quota sulla vecchia ferrovia che collegava Palermo a Burgio: superata la stazione di Ficuzza, ora trasformata in agriturismo, i boschi e le rocce lasciano il posto alle enormi distese di campi e prati dell’alta Valle del Belice. Alle nostre spalle, intanto, Rocca Busambra segna l’inizio della catena dei Monti Sicani.
Scendiamo dolcemente sulla ciclabile per diversi chilometri, arrivando sul fondo della valle in cui scorre il ramo sinistro del fiume Belice: la nostra meta, Corleone, è distante solo pochi chilometri di lieve salita, giusto dietro la collina. Ormai sembra fatta, ma in realtà ci vorrà più di un’ora per arrivare a destinazione.
Le condizioni del tracciato peggiorano improvvisamente, con terra smossa, fango e frane che ci costringono a camminare per diversi tratti. Il fango argilloso si attacca ovunque impedendo alle ruote di girare, mentre i rivoli d’acqua che scendono dalla collina creano grandi e profonde pozze da aggirare con cautela tra rovi e sterpaglie che ci causano, tra l’altro, anche una foratura.
Finalmente, dopo una lunga e difficile camminata, ecco apparire davanti a noi Corleone.
Finalmente, dopo una lunga e difficile camminata, ecco apparire davanti a noi Corleone.
Arriviamo in città esausti e con le bici in condizioni pietose: qui facciamo conoscenza con un biker locale che – impietosito dalla nostra situazione - ci accompagna a un autolavaggio dove riusciamo a dare una bella ripulita ai mezzi. Giunti in albergo, però, un problema: le biciclette devono restare fuori in giardino, praticamente in strada, in bella vista senza lucchetto né altri sistemi di allarme.
Se da noi rubano le bici direttamente da dentro casa, come possiamo stare sicuri qui a Corleone, città della mafia, della criminalità, della malavita? Alle nostre rimostranze la titolare ci assicura che le cose qui sono cambiate, molto cambiate: non dobbiamo avere nulla da temere.
Ci fidiamo?
Se da noi rubano le bici direttamente da dentro casa, come possiamo stare sicuri qui a Corleone, città della mafia, della criminalità, della malavita? Alle nostre rimostranze la titolare ci assicura che le cose qui sono cambiate, molto cambiate: non dobbiamo avere nulla da temere.
Ci fidiamo?