Vogliamo raccontare una volta per tutte com’è questo percorso? Ok, facciamolo!
Il Pian dei Buoi, la Val di Poorse e il Pian de Sera
Dopo poco più di otto chilometri, vicino allo svincolo per Lorenzago, oltrepassato il ponte sul Piave si sale leggermente fino a Lozzo e un chilometro più avanti comincia l’ascesa vera e propria.
I primi ottocento metri al 10% e oltre sono i peggiori, poi ci si innesta sulla rotabile principale e ci si arma di pazienza: si sale infatti per 11 lunghissimi chilometri immersi nel bosco con pendenze sempre agevoli (6-8%), su fondo asfaltato in buone condizioni ma i tornanti (ben 25) sembrano non finire mai.
La salita è noiosa, monotona e logorante, priva di vedute che non siano alberi e fogliame. Nell’ultimo chilometro il fondo diventa sterrato e il bosco si dirada: inizia finalmente lo spettacolo delle vette circostanti, su tutte le propaggini più orientali delle Marmarole che incombono proprio sopra il Pian dei Buoi.
Nei pressi del vecchio rifugio Marmarole (secca svolta a destra) la salita può dirsi completata, anche se in realtà si sale ancora un po’ fino a una galleria. Da qui l’eccezionale panorama sul Centro Cadore e le vette delle Dolomiti di Oltre Piave fa da sfondo al falsopiano che scende al Col Cervera e ai ruderi militari del Pian Formai.
La prima discesa di 3EPIC non va sottovalutata: la larga sterrata che scende in Val di Poorse invoglia a mollare i freni, ma il mix di pendenze elevate, fondo instabile e tornanti stretti e improvvisi potrebbe rivelarsi micidiale. Si tratta quindi di una discesa da affrontare con prudenza e attenzione, sia per le elevate velocità che si possono raggiungere che per le difficoltà che si avranno poi a rallentare.
Una radura con dei fienili segna l'arrivo in Val da Rin: un guado rinfrescante, una svolta secca a sinistra e la strada si impenna di nuovo.
Il dente del Pian de Sera fa male, molto male: pendenze sterrate attorno al 15% per almeno un chilometro, poi fortunatamente la strada spiana. Ma in discesa non è che vada tanto meglio: ora oltre alle pendenze elevate c’è pure il fondo un po’ malmesso.
In un modo o nell’altro si arriva comunque a valle, dove si prende la nuovissima ciclabile (sterrata) dell’Ansiei e la si segue per circa quattro chilometri fino all’imbocco della Val Marzon.
Il percorso corto
Forcella Maraia
Il peggio arriva al Cason de la Crosera, quando si devia a sinistra sullo sterrato della Val d’Onge incontrando subito le erte peggiori (si sfiora il 15%) ma su fondo tutto sommato in buone condizioni; fondo che poi diviene un po' più irregolare e sconnesso, mentre le pendenze si stabilizzano attorno al 10-12%. Qualche tratto per rifiatare c’è, ma almeno fino ai 1800 metri di quota si soffre, e pure tanto.
Dopo l’ultimo di una lunga serie di tornanti la scalata va via via addolcendosi: qualche rampa impegnativa c’è ancora, ma almeno fuori dal bosco ci si può distrarre ammirando le cime rocciose circostanti (impressionante in particolare il colpo d’occhio sul vallone appena risalito, dominato sullo sfondo da Croda dei Toni e Monte Popera).
Niente paura: il peggio è passato, da qui in poi inizia lo spettacolo.
Misurina e il Col de Varda
Illusioni ottiche a parte, la strada bianca è larga e compatta, ripida il giusto e con solo un po’ di ghiaino a renderla più scivolosa. Una volta dentro il bosco si torna all’insù con la contropendenza del Col de Varda, dapprima dolce e poi con un ultima rampetta più impegnativa affacciata sulla valle sottostante.
Monte Piana
La strada del Monte Piana sale a strappi, un po’ in asfalto e un po’ su sterrato, fino alla base della serpentina finale: qui la vecchia mulattiera si avvita aggrappandosi alla parete rocciosa superando gli ultimi cento metri di dislivello che separano da Forcella Alta, dove una fugace apparizione delle Tre Cime accompagna lo scollinamento.
Le Tre Cime di Lavaredo
Lavaredo Supertrail
Cominciamo a fugare qualche dubbio: il sentiero che scende lungo il Vallon di Lavaredo (segnavia 104) ricalca il tracciato di una vecchia mulattiera militare e non presenta divieti di sorta. Data la sua lunghezza (più di 5 chilometri e quasi 1000 metri di dislivello) incontra ambienti e terreni molto diversi tra loro che rendono la picchiata estremamente variegata.
Il livello tecnico del trail è quindi sì abbastanza alto, ma comunque decisamente lontano dagli standard delle discipline gravity: la bici ideale è una full-suspended leggera, mentre chi pedalerà su una front patirà molto di più le sconnessioni dovute al fondo roccioso.
Nel dettaglio, il Lavaredo Supertrail può essere diviso in quattro distinti settori:
1 – Il ghiaione
E’ il tratto più bello, sia per il paesaggio che per la morfologia del sentiero: i primi 500 metri di dislivello si snodano infatti su un ghiaione che offre una meravigliosa vista sia su Auronzo e il suo lago (verso il basso) che sulle Tre Cime di Lavaredo (verso l’alto).
La difficoltà maggiore in questa fase è data dal fondo spesso coperto da uno strato di rocce e ghiaia che potrebbe risultare insidioso nel caso di brusche frenate o cambi di direzione improvvisi.
Al limitare del bosco una brevissima salita introduce alla parte centrale del trail: qui il tracciato si fa più lento e tortuoso e le pendenze più marcate; il fondo è mutevole, con tratti sassosi alternati a terra battuta e sottobosco, mentre qualche tornante risulterà più stretto di quelli affrontati nella prima parte. Non mancano alcuni passaggi su radici trasversali.
E’ senza dubbio la parte più tecnica della discesa, dove andrà prestata maggiore attenzione per via della vegetazione rigogliosa, le curve cieche e alcuni punti piuttosto impegnativi come ad esempio i ripetuti attraversamenti del torrente o alcuni passaggi franati: al momento della ricognizione (Luglio 2015) i tratti non ciclabili sono almeno una decina, molti dei quali verranno sistemati e resi percorribili nelle settimane immediatamente precedenti la gara. Due o tre passaggi saranno comunque da percorrere a piedi, ma si tratta comunque di non più di dieci metri per volta.
Dopo un tratto abbastanza filante si giunge all’intersezione con il sentiero 119: l’ultimo chilometro del trail (150 metri di dislivello) si sviluppa nel greto di un torrente in secca passando continuamente da una parte all’altra di esso. Il tracciato, dal fondo di nuovo roccioso con alcuni passaggi su sabbia fina, presenta attualmente delle brevissime interruzioni nell’attraversamento dell’alveo ghiaioso che verranno presumibilmente ripristinate in vista della gara.
4 – Il bonus track
Per limitate il più possibile l'asfalto della Val Marzon, gli ultimi 400 metri di dislivello verranno in parte coperti nel soffice sottobosco: numerose saranno le ondulazioni e i cambi di direzione in quella che sarà probabilmente la parte più veloce e divertente di tutta la discesa, anche se intervallata da alcuni inevitabili raccordi sulla rotabile già affrontata in salita a inizio gara.
Dopo tutta questa descrizione sul Lavaredo Supertrail, se ancora avete dei dubbi su cosa vi aspetta date un occhio a questo video:
L'arrivo ad Auronzo
Qualche considerazione personale?
Il percorso corto “basta e avanza”: è il clou dell’evento sia sotto l’aspetto paesaggistico che sotto quello tecnico, anche perché il tratto iniziale del percorso lungo - oltre al bel panorama - non regala nulla di particolare se non dislivello e fatica.
Chi intende concludere il percorso più lungo solo per l’orgoglio di arrivare “in qualche modo” alla fine, ma anche chi deve a tutti i costi “fare il tempo”, forse è bene che faccia una riflessione. Non è la Dolomiti Superbike, non è la Sellaronda Hero. Chi arriva “finito” alle Tre Cime corre il concreto rischio di non essere più in grado di scendere dal Vallon di Lavaredo: qui oltre al tempo massimo ci va di mezzo anche la salute visto che senza lucidità le probabilità di farsi male aumentano esponenzialmente. Insomma, ognuno si faccia un esame di coscienza e valuti le proprie reali possibilità: perdere una mezz’ora al rifugio a riposarsi, o addirittura girare la bici e scendere per l’asfalto, potrebbe essere la scelta migliore. Per una volta l’orgoglio o l’agonismo possono anche essere messi da parte.