Ponte di Legno, Mercoledì 21 Luglio 2010 Oggi è un giorno triste alla Transalp: è infatti venuto a mancare uno dei partecipanti, l'attore tedesco Heinrich Schmieder, deceduto nel sonno durante la notte. Una notizia bruttissima comunicata poco prima della partenza che ha lasciato tutti di sasso: il fatto di essere tutti sulla stessa barca, forti e meno forti, protagonisti di una delle avventure più belle e dure al mondo, crea un senso di appartenenza incredibile. Il bello della Transalp è proprio questo. Ecco perché il lutto odierno è vissuto con tanta tristezza: non è venuto a mancare un semplice biker ma un amico, magari neanche mai visto, comunque compagno di tante pedalate. In una parola, un Transalper, come noi. Il minuto di silenzio, la musica messa a tacere e le premiazioni sommesse sono le forme di rispetto prese dalla Transalp, che comunque va avanti. | Gallery |
La tappa si preannunciava tremenda, come effettivamente è stato: 107 chilometri e oltre 3400 metri di dislivello che contenevano tutto ciò che un biker può immaginare. Single track infiniti, salite ripide e sconnesse, discese tecniche, salitoni eterni e settori da lungo rapporto. Un percorso da università della mountain bike che ha compiuto una spietata selezione naturale sui partecipanti: chi non avesse avuto il proprio bagaglio tecnico all'altezza della situazione oggi era spacciato.
La nostra corsa inizia dalla terza griglia, conquistata ieri a suon di alti ritmi: gli argomenti di discussione, rispetto alla quarta griglia, sono radicalmente diversi. Se prima non si parlava che di tempi massimi, luoghi e paesaggi, qui invece spuntano fantomatiche tattiche di gara e studio dell'avversario. La partenza tra le vie di Livigno spara tutti i 1200 concorrenti direttamente su per una sterrata dalle pendenze e dal fondo proibitivi che costringono a proseguire a piedi per una buona mezz'ora.
Fortunatamente in vista del Passo d'Eira le pendenze calano e si può procedere in sella proseguendo poi sui magnifici sentieri freeride di Trepalle, il paese più alto, freddo e nevoso d'Italia. Da qui si continua ancora per diversi chilometri in single track fino al Passo Trela, culminando l'ascesa a piedi tra gli ultimi nevai rimasti dall'inverno. Poi finalmente discesa, verso i laghi di Cancano, con spettacolari curve incastonate tra pareti di rocce e burroni a strapiombo.
I successivi venti chilometri, prevalentemente pianeggianti tra i tornanti di Decauville e i ruderi delle Torri di Fraele, si dimostrano un inferno: caldo, vento e un polverone che nasconde anche le ruote di chi sta davanti. Al ristoro di Arnoga le facce dei Transalper sono irriconoscibili maschere di polvere, le maglie tinta ocra, le bici coperte da uno spesso strato di sabbia. Da qui l'inedito e ostico Passo di Verva (ripido e cementato all'inizio, dolce e sconnesso nel finale) conduce la carovana in Valtellina con una discesa di quelle di ricordare.
Strada sassosa e sconnessa nella parte alta fino a Eita, sentiero tecnico nel bosco fino a Fucine, quindi asfalto velocissimo con auto contromano fino al fondovalle. In totale oltre venti chilometri e 1700 metri di dislivello all'ingiù, da quota 2300 a 600, con un'escursione termica dai 15° ai 35°.
Al ristoro di Grosotto, in piena Valtellina, finalmente si sente parlare un po' di italiano: ne approfittiamo per chiedere informazioni circa la salita che andremo ad affrontare, il Mortirolo. Che non è il classico versante del Giro d'Italia ma un'altra, inedita e ben più dura salita: venti per cento la pendenza media dei primi due chilometri, poi mano a mano che si guadagna quota la pendenza cala fino a stabilizzarsi sul dieci per cento. Pendenze che in mountain bike sono all'ordine del giorno e che non fatichiamo ad affrontare, guadagnando posizioni su posizioni a scapito di coppie già alla frutta a quaranta chilometri dall'arrivo.
In cima foto di rito al cartello 'Passo Mortirolo' e via, sotto una pioggerellina leggera, verso il Pianaccio: altri sei logoranti chilometri in leggera salita che mettono a dura prova le nostre forze. Fortunatamente la discesa inizia presto, ma avremmo preferito continuare a salire: la picchiata si dimostra infatti quanto di più tecnico e impegnativo che un biker possa trovarsi di fronte. Rocce bagnate dalla pioggia, drop, radici, tornanti, pendenze estreme. Più e più volte ci fermiamo per raffreddare i freni, sperando che la tortura finisca presto.
Dopo dieci chilometri di sofferenza la strada torna finalmente all'insù: non resta affrontare in leggera ma costante salita gli ultimi chilometri verso Ponte di Legno lungo i quali in tanti vanno in crisi. Non vediamo l'ora di arrivare e tiriamo alla morte, ma dopo un po' Alessandro cede. Non ne ha più, non va più avanti. Per fortuna il traguardo è vicino, e il suo momento di crisi termina in fretta. Al ristoro finale ci abbuffiamo a più non posso di panini e dolci, stesi sul prato affollato di biker dalle facce stravolte.
Dopo otto ore in bici il tempo a disposizione per la Transalp-life è veramente poco: oggi quindi niente lavaggio bici (ci penseremo domani mattina) e niente riposino pomeridiano. Stasera ci aspetta una piccola festicciola con gli amici del Comelico con cui facciamo ormai gruppo fisso: questa tappa, la più dura della serie, è stata infatti una strano e masochistico modo di festeggiare il proprio ventiseiesimo compleanno.
Oggi la Transalp ci ha messo a dura prova: siamo stati colpiti, feriti ma non affondati. Siamo ancora vivi. E da stasera il Lago di Garda è un po' più vicino.
Stefano De Marchi - www.solobike.it
La nostra corsa inizia dalla terza griglia, conquistata ieri a suon di alti ritmi: gli argomenti di discussione, rispetto alla quarta griglia, sono radicalmente diversi. Se prima non si parlava che di tempi massimi, luoghi e paesaggi, qui invece spuntano fantomatiche tattiche di gara e studio dell'avversario. La partenza tra le vie di Livigno spara tutti i 1200 concorrenti direttamente su per una sterrata dalle pendenze e dal fondo proibitivi che costringono a proseguire a piedi per una buona mezz'ora.
Fortunatamente in vista del Passo d'Eira le pendenze calano e si può procedere in sella proseguendo poi sui magnifici sentieri freeride di Trepalle, il paese più alto, freddo e nevoso d'Italia. Da qui si continua ancora per diversi chilometri in single track fino al Passo Trela, culminando l'ascesa a piedi tra gli ultimi nevai rimasti dall'inverno. Poi finalmente discesa, verso i laghi di Cancano, con spettacolari curve incastonate tra pareti di rocce e burroni a strapiombo.
I successivi venti chilometri, prevalentemente pianeggianti tra i tornanti di Decauville e i ruderi delle Torri di Fraele, si dimostrano un inferno: caldo, vento e un polverone che nasconde anche le ruote di chi sta davanti. Al ristoro di Arnoga le facce dei Transalper sono irriconoscibili maschere di polvere, le maglie tinta ocra, le bici coperte da uno spesso strato di sabbia. Da qui l'inedito e ostico Passo di Verva (ripido e cementato all'inizio, dolce e sconnesso nel finale) conduce la carovana in Valtellina con una discesa di quelle di ricordare.
Strada sassosa e sconnessa nella parte alta fino a Eita, sentiero tecnico nel bosco fino a Fucine, quindi asfalto velocissimo con auto contromano fino al fondovalle. In totale oltre venti chilometri e 1700 metri di dislivello all'ingiù, da quota 2300 a 600, con un'escursione termica dai 15° ai 35°.
Al ristoro di Grosotto, in piena Valtellina, finalmente si sente parlare un po' di italiano: ne approfittiamo per chiedere informazioni circa la salita che andremo ad affrontare, il Mortirolo. Che non è il classico versante del Giro d'Italia ma un'altra, inedita e ben più dura salita: venti per cento la pendenza media dei primi due chilometri, poi mano a mano che si guadagna quota la pendenza cala fino a stabilizzarsi sul dieci per cento. Pendenze che in mountain bike sono all'ordine del giorno e che non fatichiamo ad affrontare, guadagnando posizioni su posizioni a scapito di coppie già alla frutta a quaranta chilometri dall'arrivo.
In cima foto di rito al cartello 'Passo Mortirolo' e via, sotto una pioggerellina leggera, verso il Pianaccio: altri sei logoranti chilometri in leggera salita che mettono a dura prova le nostre forze. Fortunatamente la discesa inizia presto, ma avremmo preferito continuare a salire: la picchiata si dimostra infatti quanto di più tecnico e impegnativo che un biker possa trovarsi di fronte. Rocce bagnate dalla pioggia, drop, radici, tornanti, pendenze estreme. Più e più volte ci fermiamo per raffreddare i freni, sperando che la tortura finisca presto.
Dopo dieci chilometri di sofferenza la strada torna finalmente all'insù: non resta affrontare in leggera ma costante salita gli ultimi chilometri verso Ponte di Legno lungo i quali in tanti vanno in crisi. Non vediamo l'ora di arrivare e tiriamo alla morte, ma dopo un po' Alessandro cede. Non ne ha più, non va più avanti. Per fortuna il traguardo è vicino, e il suo momento di crisi termina in fretta. Al ristoro finale ci abbuffiamo a più non posso di panini e dolci, stesi sul prato affollato di biker dalle facce stravolte.
Dopo otto ore in bici il tempo a disposizione per la Transalp-life è veramente poco: oggi quindi niente lavaggio bici (ci penseremo domani mattina) e niente riposino pomeridiano. Stasera ci aspetta una piccola festicciola con gli amici del Comelico con cui facciamo ormai gruppo fisso: questa tappa, la più dura della serie, è stata infatti una strano e masochistico modo di festeggiare il proprio ventiseiesimo compleanno.
Oggi la Transalp ci ha messo a dura prova: siamo stati colpiti, feriti ma non affondati. Siamo ancora vivi. E da stasera il Lago di Garda è un po' più vicino.
Stefano De Marchi - www.solobike.it