Livigno, Martedì 20 Luglio 2010 La tattica di oggi era chiara: attaccare! Il perché lo diremo solo alla fine, ma l'obiettivo dichiarato era entrare nelle prime 175 coppie della categoria Men: in questo modo nella tappa di mercoledì saremmo passati dalla quarta alla terza griglia di partenza. A favore del nostro team giocava il fatto di conoscere a menadito la prima parte del percorso, già affrontato un anno fa in escursione, immersa nel cuore del Parco Nazionale Svizzero. Appunto, il Parco Nazionale Svizzero. Una riserva naturale nata a fine ottocento con gli stessi ideali dei grandi parchi americani: natura allo stato brado, intervento umano ridotto a zero, il destino di piante e animali deciso dalla sola selezione naturale. Un albero che cade non viene rimosso, un animale che muore è considerato cibo per altre specie. In una parola: wilderness. Nel parco l'uomo vi può accedere solo attraverso poche e controllate vie d'accesso, le stesse teatro della tappa di oggi. | Gallery |
Il Passo Costainas è una salita lunga ma agevole con mille metri di dislivello diluiti in ventidue chilometri toccando a metà strada l'ameno villaggio di S-Charl: un paese d'altri tempi che sbuca all'improvviso nel mezzo della valle, con le case in legno, le stalle affacciate sulla piazzetta e gli animali da cortile che scorazzano liberi per la strada. Alla vista di questo luogo fuori dal mondo il pensiero corre a un'icona storica dell'Engadina: qui manca solo Heidi e il quadro è completo.
Ma veniamo alle fatiche: io e Alessandro procediamo di buon ritmo, sia in salita che soprattutto in discesa dove forse ci prendiamo qualche rischio di troppo. Oggi però non si guarda in faccia nessuno: l'obiettivo primario è avanzare in classifica.
Quelli della Val Monastero sono gli ultimi centri abitati di lingua e cultura tedesche della Transalp: anche qui, come del resto nei giorni scorsi, a ogni paese veniamo accolti da capannelli di persone festose che con applausi e incitamenti omaggiano i Transalper in transito. I più piccoli, in particolare, se ne inventano di tutti i colori pur di farsi notare: chiedono 'il cinque', disegnano striscioni, rincorrono i biker, offrono caramelle, fanno rumore con i più disparati aggeggi rumorosi (vuvuzelas su tutte): un aspetto, quello del pubblico partecipe, che sicuramente vedremo molto meno di frequente in Italia.
Salutiamo allora la Svizzera ed entriamo finalmente in Italia valicando il Doss Radond, una salita lunga e monotona che offre allo scollinamento il suggestivo spettacolo della Val Mora. La percorriamo in leggerissima discesa su sterrato, poi sentiero, poi single track. A ogni chilometro uno scenario diverso: montagne innevate, prati sconfinati, torrenti impetuosi, pareti di roccia verticali. Il single track nella parte centrale, poi, è un'esperienza che ogni biker che si rispetti non può farsi mancare: stretto, velocissimo, con saliscendi, dossi, curve e controcurve da sembrare un ottovolante affacciato sul baratro del torrente qualche decina di metri più sotto. Il divertimento dura venti minuti abbondanti, poi il Lago di San Giacomo ci riporta con i piedi per terra.
Le forze iniziano a mancare (in effetti è da sessanta chilometri che pedaliamo oltre le nostre possibilità) e la salita al Passo Alpisella si trasforma quasi in un piccolo calvario, ma le agevoli pendenze della parte sommitale agevolano la pedalata. E' fatta quindi: non resta che scendere fino a Livigno. Le sorprese non sono però ancora finite: prima qualche nevaio obbliga a procedere a piedi, poi la discesa si fa quanto mai ostica.
La picchiata dal Passo Alpisella è tutt'altro che tecnica: larga, scorrevole, veloce, con curve e controcurve continue, molte delle quali cieche; il problema è però il baratro di almeno centro metri che si spalanca appena oltre qualcuna di queste curve cieche. Nessuna protezione, nessun addetto, nessun segnale di avviso: la sicurezza, in questo caso, è lasciata al buon senso di ogni singolo biker. Un aspetto, quello della sicurezza, che per quanto venga seguito costantemente dai dottori in moto, lascia spesso a desiderare.
Una volta raggiunto il fondovalle, per fortuna ancora vivi e vegeti, il Livignasco ci accoglie con un fortissimo vento contrario e con una marea di turisti a passeggio sul lungolago; in centro al paese ci arriviamo praticamente finiti e distrutti, complice pure l'ultima fetente rampa dell'arrivo dove diamo spettacolo inscenando una quanto mai tragicomica volata, che viene comunque apprezzata dal pubblico divertito.
All'arrivo si presentano due problemi. Il primo, l'ennesimo raggio rotto (il quarto in due giorni), viene prontamente riparato dal meccanico del Team Bulls. Il secondo, invece, è piuttosto sgradito e fastidioso: l'area camper sembra essere già piena.
Qui bisogna aprire una parentesi e sfatare almeno in parte l'efficienza tedesca del mito Transalp: dopo cento euro già pagati a inizio gara a non si sa bene che titolo per l'area camper, di giorno in giorno ci si deve pure pagare ogni onere previsto dalle città di tappa per soste e allacciamenti. Dieci euro a Fussen, trenta a Imst, quindici a Scuol, fino qui a Livigno dove nell'area camper - provvista di docce, bagni e allacciamenti elettrici - neanche ci stavano tutti i camper accreditati. Un disservizio grave che costringe noi e molti altri equipaggi ad accamparci con sistemazioni di emergenza. Magra consolazione, almeno abbiamo riscoperto il piacere antico di lavare i panni nel fiume come una volta.
Domani intanto, come quinta frazione, ci toccherà sgobbare lungo la tappa regina di tutta la Transalp: fino a Ponte di Legno saranno più di centro chilometri e tremila metri di dislivello, Mortirolo compreso. Subito all'inizio ci saranno quindi difficili chilometri tra salite ripide, strade strette e single track tecnici in cui si preannuncia già confusione. Ecco il perché del tentativo di avanzare in classifica: avere almeno cinquecento biker in meno da aspettare potrebbe farci risparmiare almeno mezz'ora, tempo quanto mai prezioso nella frenetica Transalp-life.
Riuscire a perdere solo due ore nei primi 15km sarà già un successo. Poi, se entro sera la meta sarà raggiunta, ci si potrà anche inventare qualcosa per festeggiare al meglio il proprio ventiseiesimo compleanno.
Stefano De Marchi - www.solobike.it
Ma veniamo alle fatiche: io e Alessandro procediamo di buon ritmo, sia in salita che soprattutto in discesa dove forse ci prendiamo qualche rischio di troppo. Oggi però non si guarda in faccia nessuno: l'obiettivo primario è avanzare in classifica.
Quelli della Val Monastero sono gli ultimi centri abitati di lingua e cultura tedesche della Transalp: anche qui, come del resto nei giorni scorsi, a ogni paese veniamo accolti da capannelli di persone festose che con applausi e incitamenti omaggiano i Transalper in transito. I più piccoli, in particolare, se ne inventano di tutti i colori pur di farsi notare: chiedono 'il cinque', disegnano striscioni, rincorrono i biker, offrono caramelle, fanno rumore con i più disparati aggeggi rumorosi (vuvuzelas su tutte): un aspetto, quello del pubblico partecipe, che sicuramente vedremo molto meno di frequente in Italia.
Salutiamo allora la Svizzera ed entriamo finalmente in Italia valicando il Doss Radond, una salita lunga e monotona che offre allo scollinamento il suggestivo spettacolo della Val Mora. La percorriamo in leggerissima discesa su sterrato, poi sentiero, poi single track. A ogni chilometro uno scenario diverso: montagne innevate, prati sconfinati, torrenti impetuosi, pareti di roccia verticali. Il single track nella parte centrale, poi, è un'esperienza che ogni biker che si rispetti non può farsi mancare: stretto, velocissimo, con saliscendi, dossi, curve e controcurve da sembrare un ottovolante affacciato sul baratro del torrente qualche decina di metri più sotto. Il divertimento dura venti minuti abbondanti, poi il Lago di San Giacomo ci riporta con i piedi per terra.
Le forze iniziano a mancare (in effetti è da sessanta chilometri che pedaliamo oltre le nostre possibilità) e la salita al Passo Alpisella si trasforma quasi in un piccolo calvario, ma le agevoli pendenze della parte sommitale agevolano la pedalata. E' fatta quindi: non resta che scendere fino a Livigno. Le sorprese non sono però ancora finite: prima qualche nevaio obbliga a procedere a piedi, poi la discesa si fa quanto mai ostica.
La picchiata dal Passo Alpisella è tutt'altro che tecnica: larga, scorrevole, veloce, con curve e controcurve continue, molte delle quali cieche; il problema è però il baratro di almeno centro metri che si spalanca appena oltre qualcuna di queste curve cieche. Nessuna protezione, nessun addetto, nessun segnale di avviso: la sicurezza, in questo caso, è lasciata al buon senso di ogni singolo biker. Un aspetto, quello della sicurezza, che per quanto venga seguito costantemente dai dottori in moto, lascia spesso a desiderare.
Una volta raggiunto il fondovalle, per fortuna ancora vivi e vegeti, il Livignasco ci accoglie con un fortissimo vento contrario e con una marea di turisti a passeggio sul lungolago; in centro al paese ci arriviamo praticamente finiti e distrutti, complice pure l'ultima fetente rampa dell'arrivo dove diamo spettacolo inscenando una quanto mai tragicomica volata, che viene comunque apprezzata dal pubblico divertito.
All'arrivo si presentano due problemi. Il primo, l'ennesimo raggio rotto (il quarto in due giorni), viene prontamente riparato dal meccanico del Team Bulls. Il secondo, invece, è piuttosto sgradito e fastidioso: l'area camper sembra essere già piena.
Qui bisogna aprire una parentesi e sfatare almeno in parte l'efficienza tedesca del mito Transalp: dopo cento euro già pagati a inizio gara a non si sa bene che titolo per l'area camper, di giorno in giorno ci si deve pure pagare ogni onere previsto dalle città di tappa per soste e allacciamenti. Dieci euro a Fussen, trenta a Imst, quindici a Scuol, fino qui a Livigno dove nell'area camper - provvista di docce, bagni e allacciamenti elettrici - neanche ci stavano tutti i camper accreditati. Un disservizio grave che costringe noi e molti altri equipaggi ad accamparci con sistemazioni di emergenza. Magra consolazione, almeno abbiamo riscoperto il piacere antico di lavare i panni nel fiume come una volta.
Domani intanto, come quinta frazione, ci toccherà sgobbare lungo la tappa regina di tutta la Transalp: fino a Ponte di Legno saranno più di centro chilometri e tremila metri di dislivello, Mortirolo compreso. Subito all'inizio ci saranno quindi difficili chilometri tra salite ripide, strade strette e single track tecnici in cui si preannuncia già confusione. Ecco il perché del tentativo di avanzare in classifica: avere almeno cinquecento biker in meno da aspettare potrebbe farci risparmiare almeno mezz'ora, tempo quanto mai prezioso nella frenetica Transalp-life.
Riuscire a perdere solo due ore nei primi 15km sarà già un successo. Poi, se entro sera la meta sarà raggiunta, ci si potrà anche inventare qualcosa per festeggiare al meglio il proprio ventiseiesimo compleanno.
Stefano De Marchi - www.solobike.it