Ischgl, Domenica 18 Luglio 2010 Se le salite lunghe si patiscono e quelle ripide fanno soffrire, quelle sia lunghe che ripide possono mettere decisamente ko: è il caso del Venetalm, un salitone eterno appena fuori Imst, solo il primo di una lunga serie qui alla Transalp. Io e Alessandro lo imbocchiamo nel cuore delle retrovie, quando i primi del gruppo sono già piccini piccini sui tornanti lassù in alto: da quota 700 ci ritroveremo, dopo quasi due ore e nove durissimi chilometri nelle gambe, ai 2000 metri dell'Alpe Veneta, uno dei luoghi più suggestivi e panoramici del Tirolo occidentale. Di ciò, tuttavia, in pochi sembrano curarsene: le facce attorno a noi (e probabilmente anche le nostre) sono infatti stravolte dalla fatica e dallo sforzo, cianotiche e paonazze, con più di qualche biker disteso tramortito tra l'erba. Un simpatico biker tedesco riesce comunque a vivacizzare la situazione doppiando la cima urlante a braccia alzate tra gli incitamenti del suo compagno, conquistando le simpatie e i sorrisi di tutti rendendo così il luogo e il momento meno drammatico. | Gallery |
Nel successivo discesone facile e veloce emergono a pieno titolo le caratteristiche del Transalper comune: per riuscire a raggiungere l'agognato Lago di Garda servono prima di tutto intelligenza e lucidità. Che significa non prendersi nessun rischio inutile, soprattutto in discesa dove - qui come sul Marienbergjoch ieri - la Transalp dei comuni mortali diventa un'ordinata fila indiana che perde quota senza che si verifichi una caduta o addirittura un sorpasso.
Raggiungiamo così, uno dietro l'altro, il fondovalle della Pitztal: da Wenns inizia la scalata al Pillerhohe. Sulle facili pendenze asfaltate facciamo l'ennesima conoscenza, questa volta con i biker pordenonesi del Team Cellina Bike. Gianni ci racconta che per lui sarà una giornata difficile, sofferente com'è di un mal di gola che neanche lo staff medico della Transalp ha saputo contenere al meglio. Li perdiamo di vista al ristoro in vista del GPM: proseguiamo allora in discesa, sempre in rigorosa fila indiana, fino a Fliess da dove hanno inizio i primi trails che i teutonici tanto amano. Questo che ci si para davanti sembra molto agevole, ma quando all'orizzonte compare la sagoma del castello di Landeck, la città del Loden, le cose si complicano.
Il sentiero scende ripido tra sassi bagnati, fango e radici con la scarpata lì a pochi centimetri pronta a inghiottire i meno ligi alle regole 'intelligenza e lucidità'. Regole che non sembra seguire l'immancabile 'fenomeno' che vuole a tutti i costi affrontare in bici un passaggio particolarmente difficile, con il risultato di volare - sembra comunque senza danni - a pelle di leone sulle rocce sottostanti; oltre al danno la beffa: il tutto viene impietosamente immortalato dalla telecamera della TV posta su una moto dell'organizzazione.
Attraversata la graziosa cittadina di Landeck si può attaccare l'ultima salita, Almstuberl, che sembra la fotocopia della scalata al Pillerhohe: stesso fondo (asfalto), stessi chilometri (dieci), stesso dislivello (circa 550 metri). Qui le energie arrivano purtroppo alla fine: stanchezza, sonno e vista annebbiata sopraggiungono improvvise. Una crisi di quelle che non sai più né come ti chiami, né dove sei, né che stai facendo. A un certo punto mi ritrovo a parlare (in tedesco!) di non neanche cosa con un austriaco finito tanto quanto me. Per fortuna però il ristoro arriva in mio soccorso: ingurgitata ogni tipologia di poltiglia energizzante a disposizione, ecco che tornano le forze.
Finalmente riesco a tenere il passo di Alessandro e con lui mi butto a capofitto in discesa. A capofitto? Magari! L'ennesimo trail scovato da Uli Stanciu è l'ennesimo budello fangoso e sconnesso dove si fa fatica a scendere anche a piedi. E da buon italiano non mi faccio mancare la ricerca del classico 'taglio' per guadagnare presunti preziosi secondi, con il risultato di ritrovarmi abbracciato a un pino con la bici in fondo alla scarpata. Questa volta è andata bene, per il futuro... 'intelligenza e lucidità'. La discesa comunque fa i suoi danni: a saltare è un raggio della ruota posteriore di Alessandro, riparato in tempo zero subito dopo la linea del traguardo dal gentilissimo meccanico del Team Bulls.
Dopo sessanta chilometri e quasi tremila metri di dislivello la tappa non è però ancora conclusa: la Paznauntal sembra essere l'unica valle austriaca sprovvista di pista ciclabile e pertanto a Ischgl ci si arriva con chilometri di single track e sentieri in puro stile cross country; saliscendi veloci ed entusiasmanti che, se affrontati dopo oltre cinque ore di gara, hanno comunque un altro sapore.
Alla fine al traguardo ci arriviamo in poco meno di sei ore, guadagnando qualche posizione in classifica di cui comunque ce ne facciamo poco. Ad aspettarci, ora, c'è il rito della Transalp-life: doccia, lavaggio e controllo bici, lavaggio indumenti, spuntino, pasta party sono le classiche incombenze che aspettano quasi tutti i Transalper ogni giorno, dopo aver pedalato per ore nel cuore delle Alpi, rubando tempo prezioso al quanto mai fondamentale recupero post-gara. Per fortuna noi abbiamo il mai domo Federico che pensa a farci trovare al nostro arrivo un piatto di pasta, una doccia calda, un aiuto per ogni necessità si dovesse presentare: se mai arriveremo a Riva del Garda, gran parte del merito sarà anche suo.
Nel frattempo pensiamo al domani. Dopo due giorni di boschi e vallate austriache approderemo in terra elvetica: ad aspettarci sarà il gruppo del Silvretta e sull'Idjoch, salitone indigesto a quota 2700 metri, sarà finalmente montagna vera.
Stefano De Marchi - www.solobike.it
Raggiungiamo così, uno dietro l'altro, il fondovalle della Pitztal: da Wenns inizia la scalata al Pillerhohe. Sulle facili pendenze asfaltate facciamo l'ennesima conoscenza, questa volta con i biker pordenonesi del Team Cellina Bike. Gianni ci racconta che per lui sarà una giornata difficile, sofferente com'è di un mal di gola che neanche lo staff medico della Transalp ha saputo contenere al meglio. Li perdiamo di vista al ristoro in vista del GPM: proseguiamo allora in discesa, sempre in rigorosa fila indiana, fino a Fliess da dove hanno inizio i primi trails che i teutonici tanto amano. Questo che ci si para davanti sembra molto agevole, ma quando all'orizzonte compare la sagoma del castello di Landeck, la città del Loden, le cose si complicano.
Il sentiero scende ripido tra sassi bagnati, fango e radici con la scarpata lì a pochi centimetri pronta a inghiottire i meno ligi alle regole 'intelligenza e lucidità'. Regole che non sembra seguire l'immancabile 'fenomeno' che vuole a tutti i costi affrontare in bici un passaggio particolarmente difficile, con il risultato di volare - sembra comunque senza danni - a pelle di leone sulle rocce sottostanti; oltre al danno la beffa: il tutto viene impietosamente immortalato dalla telecamera della TV posta su una moto dell'organizzazione.
Attraversata la graziosa cittadina di Landeck si può attaccare l'ultima salita, Almstuberl, che sembra la fotocopia della scalata al Pillerhohe: stesso fondo (asfalto), stessi chilometri (dieci), stesso dislivello (circa 550 metri). Qui le energie arrivano purtroppo alla fine: stanchezza, sonno e vista annebbiata sopraggiungono improvvise. Una crisi di quelle che non sai più né come ti chiami, né dove sei, né che stai facendo. A un certo punto mi ritrovo a parlare (in tedesco!) di non neanche cosa con un austriaco finito tanto quanto me. Per fortuna però il ristoro arriva in mio soccorso: ingurgitata ogni tipologia di poltiglia energizzante a disposizione, ecco che tornano le forze.
Finalmente riesco a tenere il passo di Alessandro e con lui mi butto a capofitto in discesa. A capofitto? Magari! L'ennesimo trail scovato da Uli Stanciu è l'ennesimo budello fangoso e sconnesso dove si fa fatica a scendere anche a piedi. E da buon italiano non mi faccio mancare la ricerca del classico 'taglio' per guadagnare presunti preziosi secondi, con il risultato di ritrovarmi abbracciato a un pino con la bici in fondo alla scarpata. Questa volta è andata bene, per il futuro... 'intelligenza e lucidità'. La discesa comunque fa i suoi danni: a saltare è un raggio della ruota posteriore di Alessandro, riparato in tempo zero subito dopo la linea del traguardo dal gentilissimo meccanico del Team Bulls.
Dopo sessanta chilometri e quasi tremila metri di dislivello la tappa non è però ancora conclusa: la Paznauntal sembra essere l'unica valle austriaca sprovvista di pista ciclabile e pertanto a Ischgl ci si arriva con chilometri di single track e sentieri in puro stile cross country; saliscendi veloci ed entusiasmanti che, se affrontati dopo oltre cinque ore di gara, hanno comunque un altro sapore.
Alla fine al traguardo ci arriviamo in poco meno di sei ore, guadagnando qualche posizione in classifica di cui comunque ce ne facciamo poco. Ad aspettarci, ora, c'è il rito della Transalp-life: doccia, lavaggio e controllo bici, lavaggio indumenti, spuntino, pasta party sono le classiche incombenze che aspettano quasi tutti i Transalper ogni giorno, dopo aver pedalato per ore nel cuore delle Alpi, rubando tempo prezioso al quanto mai fondamentale recupero post-gara. Per fortuna noi abbiamo il mai domo Federico che pensa a farci trovare al nostro arrivo un piatto di pasta, una doccia calda, un aiuto per ogni necessità si dovesse presentare: se mai arriveremo a Riva del Garda, gran parte del merito sarà anche suo.
Nel frattempo pensiamo al domani. Dopo due giorni di boschi e vallate austriache approderemo in terra elvetica: ad aspettarci sarà il gruppo del Silvretta e sull'Idjoch, salitone indigesto a quota 2700 metri, sarà finalmente montagna vera.
Stefano De Marchi - www.solobike.it